E’ ALLO STUDIO dei tecnici del Ministero della Funzione Pubblica il disegno di legge da presentare alle parti sociali entro i primi di maggio che prevede una sorta di giro di vite sulla materia dei licenziamenti nella P.A. con una razionalizzazione dell’architettura attuale delle sanzioni attraverso l’introduzione di una casistica certa sulle ipotesi che possono giustificare il licenziamento per motivi soggettivi. Una sorta di spauracchio per gli statali a cui si paventa di far decadere il vitalizio del posto fisso quale diritto acquisito. Il testo a cura del Ministro Patroni Griffi affianca, per l’ambito del pubblico, la prevista riforma Fornero sul mercato del lavoro per i privati prendendone persino spunto se, tra l’altro si prevedono contratti flessibili in entrata, regole quindi certe sui licenziamenti, nuove misure per rafforzare la responsabilità e l’autonomia dei dirigenti, un taglio alla manna delle consulenze esterne (e speriamo sia vero), una nuova impostazione delle politiche di reclutamento che punta al rilancio del vecchio progetto di riordino delle scuole superiori della Pa, ed infine ad una rivisitazione del ciclo della performance, che sottintende una condivisione con i sindacati nella gestione delle scelte organizzative delle amministrazioni.
Di carne al fuoco ce ne sarebbe, e pure tanta. Il punto è che comunque le condizioni che regolamentano il mercato del lavoro tra privato e pubblico presentano delle sostanziali sperequazioni. Una tra queste è altresì contenuta nello stesso dettato del testo di Patroni Griffi che, nel caso più che mai ovvio d’una azione di tutela in giudizio da parte del dipendente pubblico che ne dovesse riconoscere quale bocciato il licenziamento, è contemplata la possibilità che lo stesso venga nuovamente reintegrato piuttosto che indennizzato (ipotesi, quest’ultima, peraltro già riconosciuta incostituzionale dalla stessa Corte). Al contrario, interessante pare il c.d. ciclo della performance, che dovrebbe archiviare il sistema di valutazione introdotto dalla riforma Brunetta basate sulla sola logica dell’adempimento aspirando a favorire un maggior coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nella definizione dei criteri di valutazione e delle scelte organizzative delle amministrazioni. Nulla di nuovo invece per quanto riguarda i licenziamenti discriminatori (o nulli) per i quali non serviranno norme di equiparazione tra pubblico e privato e per i licenziamenti per giustificati motivi oggettivi (quelli economici) la cui regolamentazione già esiste attraverso l’istituto della ricollocabilità (art. 33 del Dlgs 165/2001) adendo le previste procedure di mobilità del personale in disponibilità (dichiarato in eccedenza a conclusione della relativa procedura).
A ben guardare, si sta tentando di dar corpo ad una norma (vuota) che ne fatti risulterà ben difficilmente applicabile in quanto attutita innanzitutto dal robusto paracadute della ricollocabilità tanto che il percorso per giungere alla risoluzione di un contratto pubblico risulta già irto di ostacoli, ed inoltre, sia chiaro, vi dev’essere la precondizione essenziale dell’accertata difficoltà finanziaria d’un ente pubblico con il conseguente riconoscimento di un surplus di pianta organica. Sembra il proclama d’una norma capestro che per produrre effetti non avrà certo facile applicazione. Ci domandiamo con tanta sconsolata rassegnazione, se non sarebbe allora meglio andare direttamente alla radice degli sprechi e magari sopprimere, come tante volte abbiamo denunciato, gli innumerevoli enti inutili che generano le fattispecie di difficoltà finanziaria, esubero, ricollocabilità e licenziabilità in esame alla normativa del Ministro Patroni Griffi.