SECONDO COMUNICAZIONI ufficiose dettate in conferenza stampa, sono state annunciate oggi delle dimissioni dei vertici ABI in netto contrasto col decreto liberalizzazioni del governo Monti che all’articolo 27 bis prevede la «nullità di tutte le clausole comunque denominate che prevedano commissioni a favore delle banche a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido». Il presidente Mussari, calabrese di Catanzaro, s’è letteralmente stracciato le vesti scagliandosi con viva forza contro la norma che, a suo dire, rappresenta una vera e propria sanzione contro le banche in assenza di contravvenzione. E’ questa l’ennesima riprova della grande vitalità delle lobby bancarie, che con un coupe de theatre, stanno tentando di sovvertire il contenuto del testo d’una norma che sicuramente potrebbe apportare dei benefici sia ai consumatori che alle imprese eliminando un fastidioso quanto discutibile balzello che si innesca nel momento in cui si utilizzano affidamenti concessi dalle banche e per i quali, è bene rimarcarlo, le stesse godono della remunerazione del capitale attraverso l’applicazione di tassi di interesse non irrisori. Inappagato, Mussari è arrivato altresì a ventilare l’ipotesi d’un rischio reale gravante sul comparto dell’occupazione dei 300.000 bancari, se « si continuasse a incidere sui ricavi bancari, anziché sulla trasparenza».
Il ragionamento del presidente di Banca Montepaschi può essere opinabile o meno. E se lo si valuta da una prospettiva prettamente aziendalistica le motivazioni potrebbero anche essere condivisibili. Ma quello che Mussari sa e si guarda bene dal riferire è di esplicitare quale sia stato realmente, dallo scoppio della crisi e sino ad oggi, il comportamento delle banche associate all’ ABI (praticamente tutte) ne confronti di imprese e cittadini. Vale a dire un continuo stillicidio fatto di tagli alle erogazioni creditizie, richieste di rientri impossibili ad aziende e consumatori in difficoltà, troncamento quasi sistematico d’ogni nuova iniziativa imprenditoriale e rare concessioni di credito a fronte di garanzie border line con l’usura. Di più. Se in primo momento tale atteggiamento poteva essere interpretato quale misura cautelare di garanzia per i risparmiatori e per la tenuta dell’intero sistema creditizio, successivamente si è passati ad una apocope metodica dell’economia reale con gli inevitabili contraccolpi, che in più occasioni dalla colonne di questo giornale, abbiamo denunciato e che hanno minato, talvolta inevitabilmente, vite e lavoro di migliaia di persone nel nostro paese. Dunque l’ABI si svegli e la smetta di frignare se gli utili bancari potranno subire una lieve flessione. D’altro canto già a dicembre prima, e proprio in queste ore poi, il circuito bancario italiano godrà d’una ulteriore iniezione di liquidità (ben 139 miliardi di euro su 530, quindi il 27% circa del monte totale) messa a disposizione dalla BCE. Allora in tale prospettiva dica Mussari se le banche, questa volta, intenderanno mettere questi fondi a disposizione dell’economia reale oppure no. Se le care banche intenderanno nuovamente speculare in operazioni di ricollocamento presso la stessa BCE o se magari investiranno in operazioni finanziare low cost questo fiume di danaro. C’è da star certi che le dimissioni dei vertici ABI rientreranno repentinamente così come sono state annunciate. Magari perché, in uno slancio di solidarietà, le lagnanze di questa parte debole del paese verranno colte e risolte da qualche magnanimo mecenate come per altri non avviene.