COSENZA – Correva l’anno 1962 ed era presidente del Consiglio dei ministri Amintore Fanfani che, proprio in quell’anno, posò la prima pietra per la costruzione della Sa-RC. Di quella cerimonia, purtroppo, è andato perduto il sonoro, ma resta una lapide indelebile con la scritta: «Dopo XXI secoli la via che Roma aprì ad unire le genti del Mezzogiorno si riapre oggi sulle antiche orme da Salerno a Reggio Calabria per continuare e completare fra il settentrione e il meridione d’Italia la grande via del traffico e del lavoro». È trascorso, ormai, mezzo secolo e «la grande via del traffico e del lavoro» rimane solo un enorme cantiere a cielo aperto che rischia di non essere mai chiuso e completato perché mancano ancora 59 chilometri del tracciato complessivo mai progettati nè finanziati e i costi si sono praticamente raddoppiati, passando in dieci anni da 5,8 miliardi di euro a 10,2 miliardi di euro. In numerosi tratti del nuovo tracciato, inoltre, il limite di velocità non può superare i 90 chilometri orari, continue ed improvvise sono ancora le segnalazioni di “lavori in corso” lungo tutto il percorso e chi si ferma ad una stazione di servizio può constatare direttamente che quelli erogati sono i servizi peggiori d’Italia. Ciò non per colpa dei gestori ma per il fatto che, da oltre dieci anni, le concessioni per il rinnovo della gestione delle aree di servizio sono bloccate e ciò, di fatto, impedisce qualsiasi investimento da parte dei privati per il loro ammodernamento.
Come se tutto questo non bastasse, chi ha percorso questa estate la Sa-Rc si sarà senz’altro reso conto di aver dovuto pagare anche una tassa non scritta di 50-60 millesimi in più (100-120 delle vecchie lire) per il rifornimento di carburante. Può essere definita nuova, europea e moderna un’autostrada siffatta? Recentemente, dopo l’ennesima “passerella” dell’amministratore delegato dell’Anas Pietro Ciucci e del ministro alle Infrastrutture Corrado Passera sui cantieri dell’A3, nel corso della quale è stata annunciata alla stampa la chiusura degli stessi entro il 2013 (dimenticando che per il definitivo completamento dell’opera mancano ancora all’appello 59 chilometri di autostrada da progettare e da finanziare ed il fabbisogno finanziario ammonta a 3 miliardi e 100 milioni di euro che attualmente non ci sono e che l’ultimo finanziamento con delibera Cipe del 3 agosto 2011 è pari solo a 217 milioni di euro), ho chiesto la nomina di una commissione parlamentare d’Inchiesta per fare finalmente luce su ciò che è accaduto e sta ancora accadendo nel più grande cantiere d’Italia.
Il 2 agosto scorso il consiglio regionale della Calabria, a seguito di una mozione presentata dai gruppi dell’opposizione, ha approvato all’unanimità un ordine del giorno attraverso il quale si chiedeva al presidente Monti e all’intero governo di mettere in atto tutte le iniziative idonee e necessarie al fine di reperire i fondi per il completamento definitivo dell’A3 e porre così fine ad una vicenda grottesca e tipicamente italiana di cui si conosce l’inizio ma non si sa quale e quando giungerà la fine. Di risposte, finora, non si è vista neanche l’ombra, mentre il Mezzogiorno e la Calabria continuano a subire in silenzio il progressivo isolamento dal resto del Paese attraverso le periodiche soppressioni dei treni a lunga percorrenza e il costante depotenziamento del trasporto aereo. Così non è assolutamente più possibile andare avanti! Il governo e i partiti, compreso il mio, devono capire che il Mezzogiorno d’Italia sta diventando una grande questione sociale e democratica che rischia di aggravarsi ulteriormente se non si assumeranno al più presto scelte e decisioni che vanno in direzione della crescita occupazionale e infrastrutturale di questa parte del Paese che è ormai stanca di subire continue discriminazioni e penalizzazioni.