L’ALTRO GIORNO mi è accaduto un episodio che mi ha fatto riflettere un po’: commentavo sull’amato/odiato Facebook il post di un’ex collega di un master che ho frequentato a Roma per due anni, precisamente uno di quei videomessaggi che il cav. Silvio Berlusconi ha fatto mandare in onda a ripetizione per fingere di piagnucolare a causa della conferma in Cassazione della sentenza Mediaset. Ad un certo punto feci del sarcasmo sul commento di un altro collega del suddetto master, uno con cui avevo già avuto uno screzio tre anni fa a causa di un mio post su Facebook troppo salace sul suo essere di destra (“il fascista è colui che accusa sempre gli altri senza guardare le proprie corna” di seguito il nome taggato del collega). L’affermazione, che oggi mi rendo conto essere stata antipatica, era dovuta ad un mio piccolo dispetto verso questa persona, la quale, qualche giorno addietro, mi aveva rubato un servizio da pubblicare sul periodico del nostro master facendo seguito ad un comportamento arrogante e strafottente nei miei confronti, forse per farmi stare zitto. All’epoca, egli mi chiamò al telefono intimandomi con voce minacciosa di levare immediatamente quella frase perché, secondo lui, io lo avrei umiliato in quanto (e questa fa proprio sbellicare) “io non sono fascista, caro Filippo”; alle minacce aveva aggiunto l’intenzione di denunciarmi perché quello che avevo fatto era un reato di diffamazione (e non è assolutamente vero, conosco anch’io il codice penale, caro collega).
Blaterando e sbraitando al cellulare (senza nemmeno permettermi di replicare e ricordargli quel suo furto) alla fine è riuscito a convincermi a togliere quel post. Tornando al post di inizio articolo, io scherzai perché il caro lui aveva criticato la mia collega che elencava le assurdità esternate dell’ex premier ed aveva aggiunto, rispondendo a lei che lo definiva “berlusconiano” di non esserlo affatto (non sei di destra, non sei fascista, non sei berlusconiano, dicci tu che cosa sei, cocco mio!); alla mia battuta scherzosa, il bel tomo (con cui, dopo quel fatto, non ci eravamo più comprensibilmente parlati) ha fatto seguire una raffica di insulti in cui mi definiva, in un elegantissimo crescendo, un asociale, una persona ridicola (“la più ridicola che abbia conosciuto nella mia vita”, troppa grazia), che quello che dico e scrivo è spazzatura, che avevo paura di lui (non so per quale motivo), che ero un fallito e che dovessi subito “sfanculare” dal “suo” spazio virtuale (stavo commentando il post di un’altra persona, non ho la sua amicizia su Fb, lui era intervenuto). A queste belle parole, ho purtroppo perso la mia compostezza e la mia calma, rispondendogli con parole altrettanto belle, in quel momento necessarie.
Questo collega è oggi giornalista professionista, è berlusconiano ed al master era famoso per i suoi attacchi (solo verbali, ma intensi) contro chiunque non la pensasse come lui e attaccasse il suo amato Silvio, del quale si crede forse la sua versione alla vaccinara (tra l’altro, in mezzo agli insulti mi ha pure accusato di odiarlo e di averlo angosciato con il mio silenzio in quei due anni, poverino!). Perché ve l’ho raccontato? Onestamente, non lo so. Forse, essendo successo qualche giorno fa, l’unico modo per liberarsi (e far sbollire la rabbia) era scriverne a caldo. Ma credo che la vera ragione sia mostrare come il dibattito politico italiano (anche se in questa litigata virtuale la politica c’entra poco, ma il mio caro collega è convinto che ogni critica o battuta gli venga mossa sia un complotto sovietico) si sia ormai trasformato in uno scontro continuo, una bomba ad orologeria che coinvolge tutti i settori lavorativi del nostro Paese, compresi quelli dell’informazione; sì, proprio quella branca che dovrebbe informare e guidare neutralmente i cittadini ed invece si fa spugna assorbendo tutti gli umori più bassi di quello che resta di ciò che una volta si chiamava “politica”; bisognerebbe cambiargli il nome, un giorno. Perdonate lo sfogo e qualche sua ingenuità. Torniamo a salvare Berlusconi, la maggioranza ed escogitare nuove tasse per permettere la ripresa (dello 0,7 %, niente male!) e la salvezza del Pil.
2 commenti
il sincero
4 ottobre 2013 a 20:03 (UTC 2) Link a questo commento
Ottima la forma, pessimo il contenuto: roba da diario di una liceale.
L'insincero
4 ottobre 2013 a 20:03 (UTC 2) Link a questo commento
Il sincero è talmente sincero che non si firma.