E’ DI POCHI GIORNI FA LA NOTIZIA (con previa smentita) trapelata su La Repubblica, che racconta di una relazione pericolosa, alimentata dalla cocaina, tra l’attrice Francesca Dellera ed Edoardo Contini O Romano, boss di quella camorra imprenditrice che ha allungato i tentacoli sui business della Capitale. Questa presunta “liason” è venuta fuori nell’ambito di una recente operazione della Procura antimafia di Roma, che ha portato alla luce gli interessi milionari delle cosche campane per alcuni ristoranti e pizzerie della zona tra il Pantheon e Piazza di Spagna; il che non è una novità, stando alle diverse inchieste degli ultimi anni. Ma dai verbali sono spuntate alcune frasi che hanno subito stuzzicato la curiosità di giornali e gossip: Giuseppe Misso O Nasone, boss di quel Rione Sanità famoso per aver dato i natali a Totò, oggi controverso pentito, ha spiegato che in carcere Contini gli rivelò di aver avuto, durante “l’anno dei Mondiali” (1990), una relazione con una “attrice molto famosa”, specificando subito dopo che la stessa fosse appunto la Dellera, allora nota da tre anni grazie alla pellicola Capriccio (1987), diretta da Tinto Brass, il regista che più di ogni altro ha saputo raccontare le fantasie onanistiche degli italiani (come sottolinea lo spassoso omaggio riservatogli da Massimo Ceccherini in Lucignolo, 1999).
Secondo Misso, Contini si sarebbe vantato di aver frequentato l’attrice per alcuni mesi, procurandole anche della cocaina che avrebbero assunto insieme. Subito è arrivata la secca smentita dei legali dell’attrice, la quale da qualche anno conduce una vita ritirata dalle scene. Non ci interessa sapere se l’aneddoto sia vero o falso, quello che balza subito agli occhi è il controverso rapporto che, a volte, il cinema e lo spettacolo hanno intrecciato con personaggi dalla dubbia moralità o dal passato malavitoso. Se è vero che Contini si sia abbandonato a una tale confidenza con Misso, questa potrebbe essere solo una comune spacconata detta dietro le sbarre, magari proprio davanti ad un poster della Dellera, durante una triste giornata in cella, dove una donna può essere solo sognata; una frase smargiassa come se ne dicono tante, per favorire una leggenda personale sulle proprie capacità amatorie. Bene o male, tutti ne abbiamo sparata una nella vita, perché non dovrebbe farlo anche un boss della camorra, per il quale inoltre un certo numero di amanti rientra nella costruzione di tale mitologia. Già in passato sono circolate voci su attrici più o meno famose innamorate di un boss o un personaggio dalla vita spericolata; alcune erano voci infondate, altre volte c’era una qualche verità. E quanti attori o cantanti hanno avuto dubbie frequentazioni? Un bel po’, a quanto sembra. Generalmente, le persone accolgono notizie di questo genere infischiandosene oppure ponendosi qualche legittima domanda: perché? Di solito si crede che un vip, qualcuno abituato alla visibilità e ad essere idolatrato o criticato, non abbia bisogno di cercare amicizie fuori dal seminato, per usare un eufemismo. Meno che mai le attrici: proprio queste creature bellissime, che le immagini a volte ritoccate contribuiscono a rendere ancora più divine e irraggiungibili, perché dovrebbero provare attrazione per certi personaggi, loro che di uomini ne potrebbero avere a volontà? Rispondere non è semplice; forse lo spettacolo e la criminalità non sono mondi così distanti.
Il cinema da sempre ha pescato nell’immaginario delle organizzazioni malavitose, creando archetipi ed anche capolavori (la saga del Padrino, i film di Martin Scorsese o il recente Gomorra di Matteo Garrone). Da parte sua, la criminalità ha spesso fatto riferimento alle immagini cinematografiche per crearsi uno strascico mitico, quasi ripulito, oppure per rendersi sempre riconoscibile: Saviano, nelle pagine più gustose del suo Gomorra, ha spiegato come gli attuali boss della camorra o i semplici affiliati frugano tra vagonate di film cercando l’abito, la battuta o la postura migliori per distinguersi gli uni dagli altri ed affascinare le popolazioni delle loro zone d’influenza. Per non parlare delle canzoni locali, i film amatoriali o i taglieggiamenti delle mafie alle produzioni cinematografiche che ci svelano due universi forse molto simili, che sembrano quasi complementari. L’anello di congiunzione, spesso, è proprio la fantasia, il bisogno di raccontare leggende e sogni per arricchire una realtà misera o ben diversa da come la si immagina: un mafioso vuole sembrare scaltro, furbo, ma comunque ben voluto, un attore può legarsi ad una parte che lo ha reso famoso e non staccarsi più da quell’immagine, oppure, proprio perché gli attori sono soggetti così strani e affascinanti, che vivono quasi in un’altra dimensione, le strane frequentazioni rientrano nella logica di chissà quale loro film mentale. Per immaginazione, incoscienza o per ottenere qualcosa più facilmente (soldi e droga) è capitato che personaggi dello spettacolo incrocino personaggi “malamente”: nel suo libro Addio Cosa Nostra, scritto in collaborazione con Pino Arlacchi, l’ex mafioso pentito Tommaso Buscetta ricorda i suoi viaggi nei primi anni sessanta in Costa Azzurra insieme ad un altro uomo d’onore, rammentando di aver affascinato donne della buona società ed anche attrici e cantanti famose proprio attraverso l’immagine del malavitoso che ne ha viste tante. Non c’è modo di verificare la veridicità del suo racconto, ma è impressionante pensare che Buscetta non abbia neppure dovuto fingere di essere qualcun altro per fare colpo su qualche donna di spettacolo. La cronaca ha fatto coppia con lo spettacolo anche nel caso dell’attrice Gioia Scola, arrestata negli anni novanta per un traffico di droga tra Napoli e Roma, in cui erano coinvolti anche personaggi importanti, e successivamente assolta, indicata da un pentito della banda della Magliana come vicina sentimentalmente ad un altro personaggio della mala romana e a Paolo Berlusconi.
Si tratta sempre e solo di storie, mai supportate definitivamente dalla realtà dei fatti, ma ugualmente forti; come il leggendario The Voice Frank Sinatra, per anni sospettato di avere avuto legami con la mafia italoamericana, che addirittura avrebbe favorito la folgorante carriera del cantante. Nel 1981, chiamato a testimoniare ad un processo, mentre gli contestavano una fotografia che lo raffigurava sorridente assieme ad alcuni membri della famiglia newyorkese dei Gambino, Sinatra commentò semplicemente che chiunque poteva avvicinarlo nei camerini dopo gli spettacoli e che lui, per cortesia, non negava autografi e fotografie a nessuno: “Sarebbe imbarazzante – dichiarò – chiedere la fedina penale a ogni persona che incontri”. Geniale Frank. Peccato che altri, per leggerezza, non seguano questo ragionamento. Ma cosa importa, alla fine è tutta una questione di fantasia, suggestione, immaginazione. Con questi elementi tutto è possibile, anche evitare di pensare che la persona accanto a te possa essere un criminale spietato o un trafficante. Ma questo è spettacolo e anche le organizzazioni criminali non se lo lasciano scappare. Anche questa è visibilità, è un sogno di una vita scintillante. Appunto.