Sic transit gloria mundi: così Berlusconi ha accolto la notizia della morte del suo “ex amico” Gheddaffi, al quale, non molto tempo fa, ha riservato un baciamano così ridondante di grottesco servilismo e di ammirazione-emulazione, che resterà negli annali della storia. A meno che questa citazione latina non gli sia stata suggerita da qualcuno, il nostro premier dovrebbe averne chiaro il significato e dunque sapere che la gloria di questo mondo passa e che sono vani sfarzo e potere, mentre ciò che rimarrà sempre è il ricordo delle azioni nobili. Rifletta Berlusconi su questo e pensi – ancora è in tempo – a compiere un atto di generosità mettendosi da parte prima della sua fine di leader, che è lì, dietro l’angolo. Avrebbe solo tanto da guadagnare.
Così come, pur nelle dovute differenze, avrebbe avuto tanto da guadagnare Gheddaffi, per il quale, in questo momento, deve comunque scattare un sentimento di pìetas, perché non si dovrebbe esultare mai per la morte di nessuno. Se si fosse messo da parte prima, magari con la scelta dell’esilio, avrebbe infatti evitato una morte così cruenta per sé ed i suoi figli e scongiurato una guerra, altrettanto cruenta, che ha dilaniato l’intero popolo libico.
Il delirio di onnipotenza acceca gli uomini che ne sono affetti, così tanto da non riuscire a vedere la soluzione più semplice e conveniente per tutti.
Strana la storia, strani gli uomini, strana, ma anche inquietante, questa ciclicità della storia che, a quanto pare, non è affatto “magistra vitae”. Non ci resta che sperare in una riflessione profonda, da parte di Berlusconi, sulla vanità del potere e della gloria, e che la Libia, già da domani, non diventi un altro Iraq.