CINQUEFRONDI – Sic transit gloria mundi. A quanto pare il motto cristiano presto potrebbe valersi anche per il premier. Mai locuzione potrebbe essere stata più premonitoria. Poiché ciò che non è riuscito nelle aule parlamentari, ove Berlusconi s’è ben messo al riparo costruendo sante alleanze di cartone basate su elargizioni generose di ministeri ed incarichi da sottosegretari, forse riuscirà ai prodi capi di stato e di governo europei. Il fatto cioè, d’aver messo irreparabilmente con le spalle al muro il primo ministro italiano, presentandogli un’amarissima quanto sgradevole redde rationem. Dopo la famosa lettera-invito (in verità un vero e proprio diktat della BCE) del 5 agosto scorso scritta a quattro mani dal governatore uscente Trichet e dal suo successore l’italianissimo Draghi, e dopo mesi passati a gongolare ecco che tutt’un tratto gli scalpitanti Barroso, Van Rompuy, Merkel e Sarkozy ci impongono di trovare testualmente “soluzioni, dati e cifre, fornendo un calendario preciso degli interventi e come li si vorrà attuare” per dimostrare agli altri stati d’aver intrapreso la strada del risanamento del debito e soprattutto della crescita, praticamente a zero. I nodi da sciogliere in verità sono parecchi e soprattutto ci sarebbe stato suggerito di metter mano alle pensioni nella forma e nella sostanza, in primis con l’innalzamento del tetto dell’età pensionabile da far slittare a 67 anni. Per poi passare alla monetizzazione del patrimonio immobiliare pubblico per procedere al downgrade del nostro consistente debito, fatto salvo il principio che si sappia pure cosa vendere e a quale prezzo visto che da una recente ricerca nemmeno lo Stato stesso saprebbe bene quali siano i possedimenti che ha in portafoglio. Si riuscirà a fare in 3 giorni quello che non si è fatto in 17 anni? C’è da dubitarne parecchio. Ed al vertice di mercoledì ci presenteremo solo per rovesciare il tavolo recriminando e reclamando recalcitranti i nostri diritti di cofondatori dell’Unione o per mera cortesia istituzionale magari elemosinando più tempo, che non ci sarà probabilmente concesso, per procedere con le riforme richieste? Qui stà la chiave di lettura della storia, che vista in ottica personalistica acclara il fallimento del governo Berlusconi, immobile, inefficace ma soprattutto immerso ed impegnato con ogni energia dei pavidi peones a far restare in sella il capo quale garanzia del contraccambio di una qualche gratificazione personale. Questo è il governo dei vari Bisignani, Lavitola, Cosentino, Papa, Scajola, Tarantini, Bertolaso, Santanchè, Verdini, Anemone, Carboni solo per citare alcuni dei più noti affaristi di Stato, che immemori del resto si sono davvero molto prodigati a pensare quale fosse il modo migliore per suggere tutto il potere possibile dal dolce seno delle pubbliche istituzioni. Ed allora ecco aprirsi uno spiraglio. La crisi di governo tanto sospirata, che rimetterebbe tutto in mano al Presidente Napolitano quale vera ed unica possibilità d’attuare l’attesa exit strategy dal pantano istituzionale interno ed internazionale, potrebbe arrivare a piè sospinto proprio da quell’alleato fiero e di ferro su cui Berlusconi ha sempre contato (e che ha sempre profumatamente pagato): la Lega. Dunque, quoque tu Bruti, fili mi ?? Come dire, Bruxelles sta dettando implicitamente i tempi ed i modi per il passaggio delle consegne di Berlusconi, ben sapendo che sarà quasi impossibile per lui adempiere le richieste formulate in un tempo così esiguo, con una maggioranza di governo spaccata su tutto e quindi di fatto impossibilitata a prendere decisioni importanti ed unitarie in un momento esiziale come il presente e soprattutto con la credibilità istituzionale concessaci, equivalente al sorriso sarcastico ed ironico del duo Merkozy, vale a dire un nulla vestito di niente. E sarebbe un nuovo sbarco degli alleati, una nuova liberazione, visto che l’Italia in balìa delle onde quale giocattolo nelle mani di Berlusconi non è riuscita divincolarsi dalla morsa letale dei meccanismi, pur legittimi, delle consuetudini parlamentari in cui è rimasta soggiogata per effetto di un governo a contratto, che investito nella bufera grave della crisi mondiale era tenuto a combattere strenuamente e più di altri per salvaguardare gli interessi nazionali complessivi, ma soprattutto la fiera dignità d’una intera nazione.