CINQUEFRONDI – Il Progetto RECOSOL, presentato ieri sera da Rinascita per Cinquefrondi, se realizzato (cosa auspicabilissima), sarebbe, per la comunità tutta, un’ottima opportunità di sviluppo civile, sociale, ed anche economico, non certo un rischio. Tralasciando gli aspetti di ricaduta economico-occupazionale, che altri, molto meglio di me, possono spiegare, dati alla mano, quello che mi piace sottolineare è il profondo impatto positivo in termini di crescita umana e culturale, che la presenza di stranieri, assicurerebbe alla nostra comunità. D’altronde, gli esempi di altri comuni virtuosi, speriamo lo sia anche il nostro, come Riace e Caulonia, lo possono confermare. E’ innegabile che la “retorica della paura” degli stranieri immigrati è largamente diffusa e forse, in Italia, lo è di più, considerata anche l’”istituzionalizzazione” della xenofobia, che “siede” in Parlamento. Ma si basa su un errore di fondo, legato alla scarsa conoscenza delle dinamiche storico-sociali, e ad un’emotività, ancestrale direi, ancora troppo radicata alla primigenia lotta per la sopravvivenza, mio vs tuo, tuo vs mio.
La storia dell’uomo è stata, da sempre, caratterizzata da una costante mobilità di singoli individui, di gruppi, addirittura di popoli interi, alla ricerca di condizioni migliori per vivere. Ragioni economiche, ma anche di difesa dalle guerre, dalle persecuzioni, dall’intolleranza religiosa, sono stati, fin dalle epoche più remote, i motivi dell’allontanamento dalla propria terra d’origine. E’ un fenomeno, dunque, quello delle migrazioni, inevitabile, perché insito nella storia dell’uomo. E’ un fenomeno scientifico perché ciclico, misurabile, e come tale, viene studiato. Le ragioni della diffusa paura dell’altro sono strettamente legate all’ignoranza, nella sua accezione originaria, che non è affatto offensiva. Ignorare= non conoscere, e ciò non è una colpa, se nessuno ci informa. E si ha paura di ciò che non si conosce, di ciò che si ignora, appunto. La globalizzazione ha avvicinato i popoli, ha moltiplicato i punti di contatto, ma anche di scontro tra le culture, spesso, portando a conseguenze estreme le questioni identitarie, che si manifestano sotto forma di attriti, di ripiegamenti su se stessi o addirittura di conflitti. Il punto nodale è proprio questo: proporre una visione coerente della diversità culturale che, lungi dall’ essere una minaccia, può divenire invece una fonte di crescita e sviluppo, da tutti i punti di vista.
L’accoglienza di 20 o più nuclei familiari di rifugiati e richiedenti asilo, nella nostra comunità, sarebbe dunque un’occasione per mettere in atto processi di solidarietà (guai a scambiarla per pietismo!), di approccio all’alterità ed alla diversità, alla conoscenza dell’altro, tutte cose queste che significano scoperta, valorizzazione delle differenze, ricchezza reciproca. Credo che far rivivere il nostro centro storico, oggi quasi spettrale, con voci e colori nuovi, e le scuole e le realtà di aggregazione e socializzazione presenti in paese, con volti nuovi di bambini sui quali magari tornerà il sorriso, sia qualcosa che non possa che far bene a tutti.