MARINELA IULIANA Saramet, 19 anni, Ionela Georgiana Buche, 22 anni, Dumitru Madalin Doroftei, 23 anni, Aurelian Fanel Neagoe, 31 anni, Cristina Elena Stoica, 32 anni. Georgel Cantea, 41 anni: queste le vittime del tragico incidente di Rossano dei giorni scorsi. Tutti rumeni, morti lontani dalle loro case, per conquistare la dignità, di un lavoro, pur se ai limiti della sopravvivenza. La dignità della vita. Ma non la dignità della morte. Quei corpi dilaniati fatti oggetto di contesa, di liti, di ingiurie, addirittura qualche salma gettata a terra. Scena di arrogante violenza, macabra manifestazione, oltraggio inaudito, esaltazione ed esternazione dell’istinto bestiale più arcano. Nemmeno da paragonare agli sciacalli, i quali si potrebbero offendere per questo ingrato accostamento. Si tratta di persone fuori dai canoni umani. E fuori dalla civiltà. Perché la civiltà è nata proprio con il rispetto e il culto dei morti.
Ma un urlo si leva: «Vergognatevi, questo è il mio sangue, non sono dei cani, questi sono esseri umani!». Ed ancora un altro: «Fate schifo, tutto questo per quattromila euro!». Urla vivificatrici, tentativo di ricondurre la morte alla sua sacralità, al sentimento della pietas, urla che invitano al silenzio, quel silenzio reverenziale, che si deve, dinnanzi alla morte.
Cessate di uccidere i morti
non gridate più, non gridate
se li volete ancora udire,
se sperate di non perire.
Hanno l’impercettibile sussurro,
non fanno più rumore
del crescere dell’erba,
lieta dove non passa l’uomo.
(Giuseppe Ungaretti, da “Il dolore”)
2 commenti
fabio cuzzola
28 novembre 2012 a 20:03 (UTC 2) Link a questo commento
come dolore e vergogna si possono mescolare in un momento così drammatico e come la poesia può restituire la dignità persa.
franco
9 dicembre 2012 a 20:03 (UTC 2) Link a questo commento
persone senza dignita si devono solo vergognare