CINQUEFRONDI – Se prendiamo spunto dalle riflessioni circa le questioni sollevate da un cittadino sui gravi fatti riferiti ai resti del monumento ai caduti che in un certo senso avrebbe leso la memoria storica se non fossero stati trovati, oggi cosa ci sarebbe a sostituzione? Inizio questo punto proprio perchè di memoria storica parlo. Da ragazzo fino a qualche anno prima del diploma frequentavo la chiesetta del SS. Rosario e il caro don Giovanni Galluzzo che ne era il “custode” amava particolarmente riecheggiarne gli avvenimenti religiosi descrivendo sopratutto il concetto dell’importanza simbolica e religiosa degli strumenti con il quale tali ridondanze culturali riecheggiavano ed i volti delle persone che si immedesimavano nel contesto; tutte le volte che parlava di quei momenti aggiungeva sempre fatti più interessanti, non ci si annoiava mai, non si stancava di raccontare e di raccontarsi e nonostante la quasi cecità riusciva sempre colorare le storie. Un giorno decido col permesso del preste, di salire sul tetto della chiesa insieme al sacrestano e mi catapulto in un posto magico, rivivo quel momento ancora oggi con lucidità. Salito le scale ritrovo il tetto in legno con le tegole a vista e scaffali di legno, muri sporchi e rovinati, la puzza di legno marcio e qua la appoggiati ovunque c’erano santini, oggetti più o meno preziosi, stoffe, croci ecc. Rimango sorpreso dalle statuine di gesso e lavorate a mano per il presepe alte circa 30 centimetri ciascuna. Chiedo al custode e mi risponde che anche in questa chiesa tanti anni prima si realizzava il presepe più bello del paese. Provo ad immaginare ma senza memoria. Nella scatola dei ricordi avrei messo solo queste immagini, gli odori e niente altro. Più avanti vedo un manichino, ma in realtà non lo sembra. Ho timore e mi viene spiegato che quello insieme ad altre statue sempre presenti in questa soffitta venivano usati per la celebrazione dei misteri. Un soldato spagnolo a guardia del Cristo in croce proprio come accade in alcune zone dell’Andalusia, in particolare mi piace pensare alla “Lanzada” di Siviglia; sembra quasi il proseguo del film Marcellino pane e vino. Provo solo invidia a quanti leggeranno questa mia riflessione e quanti ricorderanno attraverso l’esperienza con un pizzico di malinconia o altri ricordi che la mia generazione non ha vissuto. Del venerdì Santo ricorderò sempre le grida di noi ragazzi per accaparrarsi le mini-statuine, la cripta con i fiori finti posti ai quattro lati, l’Addolorata con il coltello al cuore ed il viso anemico, e un don Giovanni che lungo il cammino recita il rosario fino al culmine della famosa predica al monte calvario. Vengo al dunque e mi chiedo: che fine hanno fatto quelle statue in soffitta? Se fossero spostare farebbero polvere e dunque immeritevoli del benestare di Mons L. Bux e delle nuove regole di diritto canonico circa il concepimento dei riti? Saranno finite a casa di qualcuno come ricordo personale dopo il restauro? Oppure gettate nella spazzatura come il caso del monumento ai caduti proprio perché ormai obsolete? E’ possibile creare una traccia storica? Quante altre statue od oggetti sacri sono destinati a marcire? Perché gli oggetti e tutto ciò che possa ricordare la storia del nostro paesino devo rimanere dentro le mura sacre e non invece in una struttura tipo il vecchio comune o come mostra stabile? Ho la sensazione che pochi hanno a cuore il gusto per “la gallina vecchia”, ho la sensazione che il nuovo in qualche modo debba cancellare un vecchio proprio perché non si riesce a riconoscerne l’importanza del valore. Un valore pieno di significati e sfumature che chi come me non potrà mai rivivere. Con quale lingua racconteremo ai nostri figli d’aver vissuto? Buona Pasqua Edicola!
-
Che fine hanno fatto le statue nella soffitta della chiesa del Rosario? Un lettore ci scrive: “Il nuovo cancella il vecchio, ma non si riesce a capire l’importanza della memoria”31/03/2012 | Salvatore Borelli | Edicola di Pinuccio