ROMA – Nel 2012 l’80% delle famiglie colpite direttamente dalla crisi, quasi il 90% dei nostri concittadini ha ridotto le spese. Gli italiani sono sempre più scettici sull’uscita rapida dalla crisi. Per i prossimi dodici mesi, solo il 16% dei nostri concittadini – la metà dello scorso anno – vede in arrivo un miglioramento per l’economia del Paese, mentre il restante 84% pensa che il 2013 non porterà alcuna evoluzione positiva, ma addirittura un ulteriore peggioramento. È questo il quadro che emerge dal Sondaggio Confesercenti-SWG sulle prospettive economiche dell’Italia per l’anno appena iniziato. Situazione economica italiana: inadeguata o pessima per l’87% ed il 44% prevede peggioramenti in arrivo.
La salute dell’economia italiana è giudicata negativamente dall’87% del campione. In particolare, il 36% la ritiene inadeguata, mentre il 51%, la maggioranza, addirittura pessima. A promuoverla solo il 13%, che la segnala come discreta (11%, in aumento del 3% sullo scorso anno) o buona (2%, in calo dell’1%). Anche sulle prospettive si registra una grave sfiducia. Solo il 16% degli intervistati vede una svolta (lo scorso anno erano esattamente il doppio (32%). Ad avere una visione più positiva sono i giovani sotto i 24 anni (22,9% di ottimisti) e chi vive nelle Isole (22,2%). Aumentano significativamente i pessimisti, che passano dal 30 al 44% del campione generale, che pensano che nel 2013 andremo incontro ad un ennesimo peggioramento dell’economia.
Una percentuale che sale al 45,6% tra gli abitanti del Nord Ovest e addirittura al 49% nella fascia d’età 35-44 anni. Il 40% degli italiani ritiene invece che la situazione resterà la stessa del 2012: anche in questo caso, i valori massimi si registrano nella fascia d’età tra 18 e 24 anni, dove si registra un picco del 42,9%. Situazione economica personale e della famiglia: nove italiani su dieci non credono in un ribaltamento. Se per l’Italia ci si aspetta un ulteriore peggioramento, le prospettive per la propria famiglia e la situazione personale sono solo un po’ meno negative. L’84% degli intervistati non crede in un miglioramento. Il 52% dei nostri concittadini ritiene che la situazione rimarrà la stessa, in aumento del 5% sullo scorso anno. Calano gli ottimisti, che passano dal 17 al 14 per cento, così come i pessimisti, che scendono al 34% dal 36% dello scorso anno.
Si spera sul voto per il varo di interventi su lavoro e costi della politica Per il 2013, la maggioranza degli italiani (il 59%) vuole far leva sul nuovo esecutivo per porre alla sua attenzione l’emergenza lavoro, scelta dal 31% degli intervistati a causa del forte sentimento d’insicurezza sul futuro. È significativo che, subito dopo, gli italiani chiedano di abbassare le tasse e di ridurre i costi della politica (il 23% del campione in entrambi i casi). Ovvero meno spese e meno sprechi per liberare risorse utili a tagliare l’insostenibile pressione fiscale, come sostiene da tempo e con molta forza la Confesercenti. 2012, anno nero: la crisi colpisce l’80% delle famiglie. Solo 6 italiani su 10 arrivano a fine mese, l’86% ha ridotto le spese. L’accento posto sulla questione lavoro nasce dalla crescente difficoltà degli italiani ad arrivare alla fine del mese con i loro guadagni. Nel 2012 il 41% degli interpellati dichiara di non riuscirci, né con il proprio reddito né con quello familiare. E se nel 2010 circa il 72% del campione riusciva a far fronte alle spese della famiglia per tutto il mese, quest’anno la percentuale cala bruscamente al 59%. Cresce invece di 5 punti rispetto a due anni fa il numero di coloro che ce la fanno solo fino alla seconda settimana (ora il 23% del campione), mentre sale di ben 8 punti la platea di chi arranca fino al traguardo della terza settimana (passando dal 20% del 2010 al 28% del 2012). L’80% degli intervistati segnala che la crisi ha colpito anche il proprio nucleo familiare: il 37% ha ridotto fortemente le spese, il 21% ha invece tagliato sulle attività di svago. Problemi lavorativi per il 20% delle famiglie italiane che hanno registrato: la perdita del posto di lavoro (il 14%) o la cassaintegrazione per uno dei suoi membri (il 6%)