In premessa, è bene soffermarsi un attimo sull’etimologia del biodigestore. Il termine “bio” significa vita e richiama l’idea di origine naturale e organica. Nota bene: anche il petrolio e il carbone sono di origine naturale. Il termine “bio” viene utilizzato per attribuire una valenza positiva e “naturale” a questo tipo di impianti, in modo da poterli ascrivere al mondo della cosiddetta “green economy”. La mistificazione del linguaggio, in questo caso, è strumentale a una politica di proliferazione di queste tecnologie sotto l’ombrello dell’ecologia e del rispetto della natura, in modo tale da far accaparrare agli imprenditori che realizzano l’opera, i generosi incentivi statali previsti per le “fonti rinnovabili”, senza i quali, verrebbe meno la ragione economica principale di questa attività.
E’ anche opinabile definire l’energia prodotta dal biogas, un’energia rinnovabile, in quanto, citando il biologo, professore Gianni Tamino, si può parlare di fonti rinnovabili solo se si generano nel territorio di origine e nel loro tempo di utilizzo, quanto consumato si ripristina, come ad esempio avviene col solare, l’eolico e l’idroelettrico.
Tali impianti, almeno per la Calabria, servirebbero a ben poco per la sua autonomia energetica, viste le tante alternative, veramente naturali, di cui dispone. La Regione, sin dal 2002 ha piuttosto previsto nei suoi Piani di Gestione dei Rifiuti, tale tipologia di recupero energetico dal rifiuto, nella vana speranza di colmare il grande handicap dovuto alla sua totale incapacità di avviare la raccolta differenziata col porta a porta spinto, che porterebbe a qualificare il rifiuto organico utile per la produzione di compost di qualità.
Gioia Tauro, laddove si sta “valorizzando” il rifiuto dal punto di vista energetico tramite il suo incenerimento, secondo quanto emerso nel corso di un convegno su Problemi ambientali e incidenza dei tumori, tenutosi a Siderno il 19 marzo, risulterebbe essere il paese della Piana da attenzionare prioritariamente per la sua maggiore casistica di morte per tumore, così come è risultato da una dettagliata analisi delle schede di morte dell’Istat.
Per Siderno invece, un eventuale impianto di digestione anaerobica, che così come detto dall’Assessore all’Ambiente nel corso del Consiglio Comunale, dovrebbe essere alimentato dalla frazione organica derivante “dai soli scarti da cucina e non altro”, sarebbe un grande ed inutile bluff. Infatti, a fronte dei grossi investimenti per la sua realizzazione, considerati gli ecoincentivi spettanti per la produzione d’ energia “rinnovabile”, nonché che la Calabria sia riuscita a differenziare al 2014 solo 17,26% (dati Arpacal), ben lungi da quel 65% auspicato per il 2012 dal D.lgs 152/2006, l’ Osservatorio Ambientale ritiene molto probabile che, al fine di produrre più energia, e quindi più soldi, il gestore aggiudicatario potrebbe utilizzare anche altre tipologie di biomasse, sempre consentite dalla legge. Infatti un impianto di co-generazione per essere efficiente e remunerativo, dovrebbe funzionare 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno, e se alimentato ‘dai soli scarti di cucina’ difficilmente potrebbe assolvere a tale compito. Potranno così andare a conferire in tale impianto, con tutti i problemi sanitari e ambientali che ne deriverebbero, anche altre gamme di organico meno qualificate, come quelle risultanti dal trattamento meccanico-biologico dei rifiuti indifferenziati, dagli scarti di macellazione o dai fanghi degli impianti di depurazione. Questo, porterebbe ad un aumento esponenziale del traffico veicolare, che a causa dell’ emissione di notevoli volumi di gas climalteranti, scompenserebbe le basse emissione di CO2 prodotte dagli impianti alimentati a biogas.
Non vi è neanche garanzia che un impianto del genere, non procuri miasmi fastidiosi alla popolazione. Infatti, la maggior parte degli impatti ODORIGENI di un impianto a Digestione Anaerobica sono originati dalle fasi di: ricezione e stoccaggio delle biomasse organiche in attesa del loro caricamento nell’impianto, conversione energetica del biogas, trattamento e stoccaggio del digestato prodotto. Tali problematiche sono prevenibili, solo con una puntuale manutenzione e gestione di tutta la catena industriale di un impianto del genere, cosa che invece parrebbe non sia avvenuta nel 2014 presso l’impianto T.M.B. di c.da S.Leo, che in fatto di manutenzione, a confronto col digestore, è una quisquiglia.
L’ Osservatorio Ambientale, avendo evidenziato nel corso del convegno dell’8 Aprile che le variabili in gioco nella gestione di tali impianti sono tante e tali, da non promettere nessuna sicurezza per la salute dei cittadini “al di là di ogni ragionevole dubbio”, ha proposto, in alternativa alla digestione anaerobica, l’incentivazione del compostaggio domestico e l’attivazione, potenziamento ed efficientamento dell‘impianto di produzione del compost con processo aerobico, da sottoporre a periodica e attenta vigilanza, per conto di enti indipendenti dalla Regione Calabria, onde evitare l’emissioni odorigene dovute ad una cattiva o mancata manutenzione dei biofiltri. Il compostaggio, è il solo che garantisce il rispetto della gerarchia europea nel trattamento dei rifiuti, il più adeguato recupero della materia e il maggiore apporto di carbonio organico ai suoli.
Questa alternativa sostenibile, oltre che alla salute dei cittadini, gioverebbe anche alla qualità dell’ambiente circostante, che si ricorda, oltre ad essere un Sito d’Interesse Comunitario, denominato Valle del Novito-Monte Mutolo, è anche caratterizzato dalla coltivazione delle Clementine del marchio I.g.p. di Calabria. http://www.igpclementinedicalabria.it/?page_id=170, altro che royalties da rifiuti.