IL COMUNICATO STAMPA del Consiglio dei Ministri n.40 del 27/07/2012 ha dato notizia d’aver esaminato, tra gli altri, ventotto leggi regionali e delle province autonome su proposta del Ministro per gli affari regionali, e nell’ambito di tali leggi, il Consiglio ha deliberato l’impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale anche della Legge Regione Calabria n. 22 dell’11 giugno 2012 “Modifiche alla legge regionale 14 agosto 2008 n. 29, recante “Norme per orientare e sostenere il consumo di prodotti agricoli anche a chilometri zero” in quanto contenente, a proprio avviso, disposizioni che, nel favorire la commercializzazione dei prodotti regionali, ostacolerebbero la libera circolazione delle merci in contrasto con i principi comunitari.
Il paradosso è che mentre il dettato della vecchia legge è già stato considerato idoneo, la modifica contenente la dizione “a km zero” ha creato una sorta di campanello d’allarme che è stato ritenuto dal Consiglio dei Ministri in antitesi con presunti principi di circolazione di beni in ambito comunitario. Ora, bisogna rilevare che l’aggiunta terminologica “a km zero” oggettivamente comporta un certo indirizzo al consumo delle produzioni agricole regionali che nelle intenzioni del legislatore aveva ed ha come scopo quello della creazione di un circuito virtuoso di “autoconsumo” per favorire la migliore sostenibilità ambientale ma anche per promuovere ed incentivare il consumo di produzioni che possono reperirsi nel territorio medesimo. Questa forma di autotutela posta in essere da parte del Consiglio dei Ministri, può essere considerata oggettivamente eccessiva. In primo luogo perché l’intento di generare nuova economia dall’agricoltura, in una regione vocata come la nostra può senz’altro rivelarsi un modo efficace per svincolarsi dal altre tipologie d’aiuti di Stato, peraltro carenti.
In più tende a riportare interesse verso quelle produzioni agricole a serio rischio emorragico per via delle continue fughe di capitali più umani che finanziari dal settore, nonché per autoalimentare un ambito strategico non solo per la riscoperta e l’incentivazione di produzioni autoctone e particolari ma anche per dare una opportunità migliore agli stessi calabresi di poter consumare alimenti locali per dare spinta e sostentamento alla domanda economica interna. Inoltre, la promozione del consumo c.d. “a km zero” dovrebbe suscitare interesse ed incentivazione poiché si rapporta al risparmio energetico ed alla conservazione ambientale dei luoghi. Il fatto poi, che la legge in questione intenda vietare la somministrazione di alimenti contenenti organismi geneticamente modificati, incentivare l’utilizzo dei prodotti agricoli regionali nei servizi di ristorazione collettiva pubblica, nonché promuovere i prodotti agricoli regionali dovrebbe essere considerato non solo un atto di merito ma anche di grande considerazione verso un settore che potrebbe rivelarsi trainante per una intera architettura economica e sistemica.
E per finire, è doveroso rilevare come tale filtro anteposto dal Consiglio dei Ministri come barriera al potenziale richiamo da parte della U.E. attraverso l’impugnativa alla Corte Costituzionale (che peraltro la potrebbe – speriamo- rigettare), non solo non sostiene il presumibile interesse particolare della regione Calabria, di per sé rilevante in quanto circoscritto, ma intende prevenire anche lo spettro di ammonimenti che peraltro potrebbero anche essere eventuali, se non addirittura inesistenti. Ed in ogni caso, si sarebbe dovuto aspettare le decisioni europee in divenire; poiché anche quando la nostra regione cerca di far bene e da sola per stimolare le eccellenze del territorio tentando di creare modelli virtuosi e facilmente replicabili, viene ostacolata con rilievi abbastanza discutibili, da quella stessa autorità nazionale che poi dovrebbe offrirle, ritrosa e riottosa di frequente, una soluzione. Che se arriva è tardiva ed indolente, e quasi mai a “costo zero”.