• Costo dei farmaci, lo sconto che non c’è. Cronaca d’una riduzione possibile. Ecco come
    14/05/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    CARO FARMACO quanto mi costi. E’ quanto rivela una interessante ricerca della giornalista specializzata in tematiche sulla medicina Alessandra Cattoi. A dare certamente la stura alle tematiche di settore doveva essere il recente decreto di febbraio sulle liberalizzazioni voluto dal governo Monti la cui spinta propulsiva doveva rappresentare il salto del tappo di volontà sinora troppo compresse se non addirittura imbrigliate nel cerchio magico delle lobbies, salvo poi di fatto affievolirsi dovendosi scontrare con le categorie interessate al provvedimento che hanno prodotto, oltre le opportune resistenze, concessioni marginali rispetto a quanto sperato. Tra queste le farmacie ed i prezzi dei farmaci. Di nuovo c’è che entro la fine dell’anno apriranno i battenti circa 5000 nuove farmacie.

    E già questa potrebbe sembrare una buona notizia, ed in parte lo è pure, poiché rispetto al vecchio sistema di contingentazione delle licenze, che impediva l’apertura di nuovi esercizi sul territorio ove anche questo era perfettamente in grado di assorbire l’offerta, si darà alla inesauribile clientela una possibilità ulteriore di distribuire la spesa rispetto alle rivendite esistenti. Ma per quanto riguarda i prezzi dei farmaci? Un primo tentativo di assalto al fortino dei costi avvenne all’atto delle aperture delle parafarmacie, già malviste, ed è facile capire il perché, da Federfarma attraverso la libera vendita dei farmaci da banco. Ma il richiamato decreto dota anche i farmacisti “tradizionali” d’una possibilità in più a favore del cittadino-paziente-utente : la possibilità di intervenire sul prezzo delle medicine con ricetta che il servizio sanitario nazionale non rimborsa e che quindi grava totalmente sui consumatori. Stiamo parlando di un giro d’affari che, includendo anche i farmaci da banco, ha ormai superato i 5 miliardi di euro, pari al 27 per cento di tutto il mercato. Quindi, in teoria più farmacie tradizionali, (e parafarmacie), maggiori sconti dovrebbero tradursi in maggiore concorrenza con la conseguente riduzione dei costi dei farmaci. Diciamo che per i farmaci senza obbligo di ricetta più comuni e diffusi, un certo calo dei prezzi s’è rilevato. Non così per il resto.

    Anche con le rassicurazioni da parte di Federfarma  di procedere ad una  riduzione di prezzi, per lo meno su una lista selezionata di farmaci di grande utilizzo, ancora tanto si potrebbe fare. E questo perché intanto il nostro paese risulta essere tra quelli europei che hanno tra i più bassi costo-prodotto alla fabbrica. Prerogativa che si dissipa velocemente nel passaggio dal produttore al consumatore. Già, perché da un parte lo Stato, attraverso l’Aifa, riesce a negoziare buoni prezzi con i produttori sui farmaci rimborsabili dal S.S.N.  dall’altra, lo stesso non riesce (o vuole) fare  su quelli a carico dei cittadini. A questo si aggiungano, in tema di tanto declamata unione monetaria ma non fiscale, una diversa ripartizione dell’aggravio dell’iva che varia da nazione a nazione. E se consideriamo poi che il prezzo finale del farmaco si ripartisce nella filiera per il 66,5% ai produttori, il 3% ai grossisti e il 30,5% ai farmacisti, ben si comprenderà che il grosso su cui intervenire stà a monte, ed in ragione d’un terzo, a valle. Facile intuire quindi che alla presunta bassa marginalità corrisposta sui farmaci rimborsabili si contrapponga una più sostanziosa su quelli a carico del cittadino, il quale, quando non già vessato dal ticket sanitario, si vede incentivare il prezzo di moltissime medicine ugualmente rilevanti (se non già di più largo consumo) che fanno da contrappeso.

    E siccome la tendenza d’acquisto di farmaci non rimborsabili, per come anche rilevato dal Censis pare essere convogliata in un aumento abbastanza cospicuo andando ad incidere talvolta in profondità nei già ridotti budget familiari i quali, quando non assenti sono puntualmente erosi da una inflazione cerbera, non fa specie immaginare come forse una completa liberalizzazione del mercato settoriale potrebbe essere davvero la panacea di questo male. Il che non vuol dire più farmaci per tutti. Vuol dire maggiore e migliore possibilità di scelta consigliata da professionisti seri e qualificati come i farmacisti al paramentro costo-salute il più ampliamente accessibile.