DELIANUOVA – Tornerà nella Piana, venerdì 4 dicembre, il docente universitario e studioso di tradizioni popolari, Vito Teti, per presentare la sua ultima fatica, intitolata “Terra Inquieta”. L’iniziativa organizzata dall’associazione “Librarsi… in Aspromonte” avrà inizio alle 17 presso la sede di Via Umberto I a Delianuova e vedrà la partecipazione, oltre che dell’autore, del critico letterario, Francesca Neri, e del cantastorie calabrese, Otello Profazio.
“Vito Teti ha sempre un viaggio qua intorno da raccontare, un volto nascosto da nominare tra le righe di un saggio, un ritaglio di vita minuta da incorniciare con tutte le sue scoloriture. – è scritto nella Presentazione dell’opera edita da Rubettino – Terra inquieta è un libro che è tanti libri insieme, e tutti servono a qualcosa: uno racconta di calabrie mobili che crollano e franano; l’altro di uomini che sperano futuro cercando l’America, ma cercandola incontrano la storia; l’altro ancora di donne che ascoltano in sogno i consigli di San Giorgio per vincere ogni drago, gli uomini che i santi li portano a spalla per sacralizzare la polvere e il mare che siamo, di giovani laureati che partono perché l’ultimo lavoro non pagato è un’umiliazione ormai intollerabile. Ma in Terra inquieta c’è pure gente che resta tentando di salvare rovine e pilastri di cemento che si alzano al cielo, per farne qualcosa che vive. In questo vagare per spazi vasti e insieme profondi lo scrittore di Maledetto sud raccoglie ogni mollica, mentre l’antropologo de Il senso dei luoghi prova una teoria capace di dare forma al sussulto imprendibile della Calabria. Così nasce Terra inquieta, una storia di linee che ricostruisce la necessità e l’ossessione per la mobilità di una regione contadina eternata dal tempo circolare dei greci, spezzata dalle catastrofi che però sempre ritenta nuove circolarità per non mutare sguardo su di sé, infine la Calabria moderna, quella che naviga in linea retta verso un tempo migliore. I viaggi in America hanno costretto la Calabria alla storia, all’evidenza di un mondo che non resta uguale a se stesso, perché solo il rischio di finire consente agli uomini e alle terre di vivere davvero, tra macerie e fioriture. Su gemme e crolli di Calabria si appunta allora lo sguardo largo di Teti, perché l’autentica cura dei luoghi esige una paziente e rispettosa attenzione, una quieta fiducia nella fecondità di quello che pare tanto complesso e scomposto da non avere un verso per crescere, eppure un verso lo trova”.