• Dieci anni fa moriva il grande Sordi. Per ricordarlo un documentario dei fratelli Verdone rivela l’Albertone privato
    22/02/2013 | Filippo Mammì | Edicola di Pinuccio

    QUESTI GIORNI DI FEBBRAIO saranno ricordati come gli sgoccioli del pontificato di Benedetto XVI e per l’insediamento del nuovo governo che nascerà dalle imminenti elezioni di domenica 24 e lunedì 25. Chissà, però, se gli italiani ricorderanno che domenica sarà anche la data dell’anniversario della morte dell’indimenticato Alberto Sordi che, proprio il 24 febbraio di dieci anni fa, si spegneva a Roma nella sua villa vicino alle Terme di Caracalla. Con la morte di Albertone, e con quella nel 2004 di Nino Manfredi, si concludeva l’era dei “mostri sacri” della commedia italiana, dopo la scomparsa di Tognazzi, Mastroianni e Gassman. Adesso un documentario di Carlo Verdone, girato in coppia con il fratello Luca, Alberto il grande, ci fa entrare proprio nelle stanze della sua dimora sull’Aventino, per anni santuario segreto in cui Sordi abitava, accudito dalle severe sorelle, gelosissimo della propria privacy e di quella della sua famiglia. In casa sua ebbero l’onore di entrare gli amici più intimi, tra cui lo stesso Verdone, e il mondo cinematografico italiano, e non, solamente in occasione di feste e ricevimenti privati.

     

    Il film è un ottimo omaggio per ricordare uno dei nostri attori più prolifici di cui, in questo articolo, ci interessa più l’arte che non i ricordi personali. Che attore era Sordi? Ebbe solo il merito di riprodurre sullo schermo i pregi e i difetti del popolo italico oppure rientra nell’Olimpo dei grandi attori di teatro e cinema? E’ un dilemma che, soprattutto dopo la sua morte, attanaglia la maggior parte dei critici e lo stesso pubblico. Molto spesso, la gente tende a ricordare i film cult della carriera di Albertone o comunque quelli più facili e di grande successo presso gli spettatori: Un americano a Roma, Il vedovo, Un giorno in pretura, I complessi, Il medico della mutua, Dove vai in vacanza?, Il marchese del Grillo, In viaggio con papà, Il tassinaro sono quei titoli più citati nelle conversazioni tra amici e riproposti spesso su Youtube dagli appassionati; film che risaltano la straordinaria abilità di Sordi nel trovarsi a proprio agio in ogni ruolo o, meglio, sono i ruoli che si modellano su di lui. Lungi dall’affermare che i film appena nominati siano più conosciuti che belli, anche se I complessi e Il tassinaro sono a livello di barzelletta, bisogna ammettere che restano opere che mettono in luce la comicità stratosferica di Sordi, ma che lasciano la sensazione di non aver compreso pienamente i personaggi a causa di una certa superficialità. Ne resta fuori Il marchese del Grillo che, anche se non è molto amato da chi scrive, si regge completamente sulle spalle di Alberto e sulla sapiente regìa di Monicelli, i quali riescono ad esprimere tutte le sfumature di un personaggio molto più complesso di quello che sembri (“Io so’ io e voi nun siete un cazzo!”), consapevole di poter sfruttare i propri privilegi come meglio crede, ma anche condannato a restare relegato ad un mondo, l’aristocrazia papalina, in completo disfacimento.

     

    Proprio in questo film, campione d’incassi nel 1981, si coglie la sostanza dell’attore Sordi, comico, tragico e patetico come in un gioco di scatole cinesi, propenso alle risate, ma saldamente legato alla realtà che mostra e critica, distanziandosene e rendendo epico l’italiano medio che interpreta. Così si può affermare che Sordi fu un attore a tutto tondo, completo, né macchietta né caratterista, e grazie a lui l’italiano si è ritrovato sbeffeggiato, ma tenuto lontano dalla semplice caricatura. Questo è il Sordi che ci permette di parlare di tutte quelle opere in cui l’attore non solo è stato sfruttato meglio, ma è riuscito addirittura a dimostrare che la sua comicità altro non era che la tragica comicità del quotidiano, dell’uomo qualunque che quasi non si accorge dei piccoli fatti ridicoli di ogni giorno: per questo, Sordi è geniale in ruoli addirittura inquietanti. Alcuni dei titoli, purtroppo, sono misconosciuti al grande pubblico: I vitelloni, La grande guerra, Tutti a casa, Una vita difficile, Il giudizio universale, Il mafioso, Detenuto in attesa di giudizio, Bello, onesto, emigrato in Australia sposerebbe compaesana illibata, Lo scopone scientifico, Un borghese piccolo piccolo, Romanzo di un giovane povero.

     

    Ovviamente, esistono anche altri film in cui Sordi si misura con ruoli sgradevoli (il laido monsignore nell’episodio di Comencini in Quelle strane occasioni), ma quelli citati sopra formano una possibile antologia di Albertone nella quale egli dà il meglio di sé: il burlone Alberto dei Vitelloni che ne combina di tutti i colori solo per non pensare ad una realtà degradante è sicuramente la maschera più commovente sostenuta dall’attore, patetico anche nello scherzo; i ruoli migliori resteranno però quelli di Silvio Magnozzi in Una vita difficile e Antonio Badalamenti in Il mafioso, il primo nei panni di un ex partigiano che ha combattuto per un’Italia migliore e adesso fa i conti con i non – valori del boom economico degli anni sessanta, il secondo è uno dei personaggi più angoscianti che Alberto abbia mai interpretato, un siciliano emigrato in vacanza nel paese con la famiglia che si trova costretto a commettere un omicidio, credibilissimo nel suo sviluppo da stereotipo meridionale (baffi, coppola e pelle scura) a uomo onesto che cerca, dopo l’omicidio, di riprendere una vita normale pur con un macigno sulla coscienza; che dire poi della patetica fiducia nella giustizia di Giuseppe Di Noi ne Detenuto in attesa di giudizio che, a furia di buone maniere nell’inferno carcerario, ne uscirà con le ossa rotte e i nervi scossi o della sciocca bontà dell’Amedeo di Bello, onesto… che in Australia ha fatto tutto meno che diventare benestante a differenza degli altri emigrati italiani più furbi.

     

    Ma l’apice della sua carriera resterà Un borghese piccolo piccolo, ancora diretto da Monicelli: l’impiegato Vivaldi che, vistosi uccidere il figlio in una rapina, mette in atto un’atroce vendetta, comico negli atteggiamenti, ma disperato nella personalità, è da standing ovation. Un personaggio sofferto, che neppure Sordi voleva mostrare così sgradevole, che nella prima ora di film lo spettatore vorrebbe prendere a schiaffi e che, nell’ultima parte, ha tutta la nostra comprensione e identificazione facendoci venire il dubbio che, forse, siamo tutti un po’ piccolo borghesi grigi e chiusi nelle nostre blande certezze. Con questo film, l’Italiano di Sordi diventa il nostro “lato oscuro” e ci ricorda nel contempo che sono passati dieci anni, ma Albertone ci manca veramente tanto.