Ad ottobre di quest’anno è previsto l’ulteriore aumento dell’aliquota iva già ex 19%, ed ex 20%, ora al 21%, di almeno 2 punti percentuali in aggiunta se non si riusciranno a raccattare i circa 3,5 miliardi di euro che mancano al completamento della manovra correttiva, lascito transeunte di agosto 2011 dell’allora ministro Tremonti. Diciamo una mini manovra nella manovra. Certo se dovesse avverarsi, questa sgradita notizia potrebbe portare ad una ulteriore depressione dei consumi con risvolti non auspicabili per la produzione industriale già piuttosto claudicante, ma soprattutto gravida di quelle indesiderate conseguenze peggiorative sull’occupazione di cui faremmo veramente a meno in momenti come questi nei quali, per inversione di tendenza (e qui si che la Germania fa scuola), si dovrebbe tentare un aumento del PIL. Ed allora? Per evitare queste ulteriori forche caudine, ecco che al Ministro Giarda vien dato incarico di occuparsi di spending review, ovvero rivisitazione e razionalizzazione della spesa pubblica con i frutti della quale supplire, tra l’altro, al già indesiderato aumento dell’aliquota. Ma ciò di cui vorremmo informare i lettori è d’una notizia abbastanza singolare che potrebbe in realtà, quasi senza colpo ferire, provvedere al fabbisogno finanziario dello Stato con una manovra quasi a costo zero, e che in un colpo solo parrebbe render felici i tecnici del ministero delle Finanze, dar seguito alle istanze più che mai giustificate dei cittadini onesti, premiati stavolta per una sorta di regola del contrappasso, a sfavore di quelli che onesti lo sono stati mica tanto e dulcis in fundo potrebbe generare quel tanto agognato tesoretto spendibile, ad esempio, in politiche sociali, sostegno alla crescita ed all’occupazione, ricerca e sviluppo. Si tratterebbe di firmare un accordo fiscale con la Svizzera, come già hanno fatto nazioni che se la passano un po’ meglio di noi quali Germania, Austria ed Inghilterra, per tassare i capitali non dichiarati e trasferiti, non proprio alla luce del sole, nelle banche elvetiche. Accordi che prevedono la possibilità per i cittadini di potersi mettere in regola senza incorrere in ulteriori sanzioni e continuando a godere dell’anonimato, con il pagamento di una sorta di “dazio all’export” d’una percentuale da definirsi. E si badi bene che non si tratterebbe improntare un nuovo scudo fiscale, diciamo, alla “Tremonti”. La fonte de L’Espresso, difatti, stima che su 150 miliardi di euro “italiani” trasferiti illegalmente in Svizzera con una tantum del 25% ci farebbero portare a casa circa oltre 37 miliardi di euro, l’equivalente di almeno 2 manovre. Ma a stoppare questa già sospettabile manna ci si è messo l’eccesso d’europeismo del premier Monti che, giudicandolo inopportuno rispetto ad più necessario accordo comune a livello europeo ha riscontrato una sorta d’irritazione da allergia che l’Unione ha avuto di fronte ai primi atti stipulati, sventolando lo spettro dell’apertura di procedure d’infrazione con la conseguente applicazione di sanzioni. Pur certi che siano i tempi dell’Europa sono sempre sufficientemente generosi. Il che vuol dire, tradotto, non applicare alcuna deterrenza all’evasione, fors’anche incoraggiare l’esportazione all’estero di ingenti somme sottratte al controllo del fisco ed impoverire le casse dello Stato con mancati introiti da tassazione. In effetti, oltre agli esportatori professionali di valuta ci sono altri che hanno trovato motivo di giubilare. E come par ovvio manco a dirlo, sono le banche nostrane che, nel caso di accordo con le autorità elvetiche, avrebbero certamente solo da perderne. Il perché è presto spiegato. Ipotizzando il caso (piuttosto improbabile) d’una parità di tassazione dei capitali tra Italia a Svizzera, quest’ultima si ritroverebbe in ogni caso la disponibilità d’ un discreto fiume di liquidità a scorrere nei forzieri della croce bianca quale valore aggiunto dalla mantenuta (e par proprio irrinunciabile) garanzia dell’anonimato (cosa, come nota, impossibile in Italia). E questo si che fa di questo un bell’affare. A quanto pare, non transeunte. Giuseppe Campisi.
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Ecco l’accordo che ci porterebbe in cassa 37 miliardi di euro. Ma il transeunte premier Monti preferisce fare l’europeo30/04/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio