ORMAI FANNO QUASI PARTE del paesaggio e – specialmente in questo periodo festivo – non si sentiva certo il bisogno di ulteriori “addobbi” per le vie cittadine. Stiamo parlando dei cumuli di rifiuti in bella mostra, accatastati un po’ ovunque per le vie cittadine e per le strade della Piana di Gioia Tauro e dell’intera bistrattata Calabria. Non rendono un buon servizio di immagine ed efficienza – né agli incolpevoli cittadini residenti tantomeno ai malcapitati turisti occorsi per le festività natalizie – questi ammassamenti distribuiti presso i punti di raccolta che debordano dai contenitori fino a straripare letteralmente per le vie invadendo carreggiate e restituendo un olezzo che non lascia spazi a fantasie. Ecco, si chiude così l’annus horribilis 2012 per la raccolta dei rifiuti in Calabria, con l’immagine peggiore che si potesse raffigurare e nel silenzio assordante ed ingiustificato di media ed istituzioni che aggiungono pena ad una condanna fin troppo ingiusta. Un anno infausto dal punto di vista ambientale. E stavolta la colpa non è degli altri. Gli altri siamo noi. O meglio, chi ci governa.
L’esperienze campane non hanno insegnato nulla, o forse sembravano così lontane da non doverci mai appartenere. Invece no. Mesi e mesi (se non anni) di commissariamento non sono serviti a definire l’emergenza, men che meno a prendere le contromosse e prefigurare una soluzione. Ma questa è solo la cartina tornasole della stessa indifferenza che pervade gli amministratori a ciò delegati. E, quand’anche il cittadino scavezzacollo si mette d’impegno a corrispondere regolarmente il dovuto per la Tarsu o ad attuare la differenziata, ecco che ciò viene dequalificato e vanificato se, alla fine, il risultato è il triste film che vediamo – oramai da qualche tempo – nelle nostre realtà (ma non solo), mentre siamo intenti a sbrigare le faccende giornaliere. Ed a nulla par servire la dotazione di un inceneritore attivo sotto casa, se nemmeno si ha avuto la perizia di mantenerlo funzionante ed operativo, soprattutto in periodi critici come quelli attuali dove l’aumento del monte rifiuti è quasi fisiologico. Dunque c’è da chiedersi dove vivano i rappresentanti istituzionali di questa regione e quali siano le loro effettive preoccupazioni di governanti.
Il presidente di giunta Scopelliti, il presidente del consiglio Talarico, l’assessore regionale all’ambiente Pugliano, il commissario straordinario per l’emergenza rifiuti Speranza, oltre ad essere certamente superimpegnati a tagliare nastri, inaugurare mostre, partecipare a convegni e dispensare sorrisi e rassicurazioni di maniera – sicuramente per dovere istituzionale – chissà se avranno avuto il tempo per accorgersi che la Calabria sommerge di immondizia.E la pletora di uffici, sezioni, dipartimenti stracolmi, come i cassonetti, di personale specializzato, laureato e pluriformato e – soprattutto – mal governato non saranno la prova provata, fulgido esempio di come non vada gestita la macchina amministrativa pubblica? A che serve investire in queste intelligenze, se poi in definitiva, non possono adempiere ai loro compiti funzionali ma creano – fors’anche – il corto circuito ecologista che deturpa, inquina e strazia il territorio? Ma la vexata quaestio è anche un’altra : è giusto che la Calabria ed i calabresi debbano essere considerati come un lembo d’Italia costantemente sotto emergenza, avvezzi a confondere la straordianarietà con l’ordinarietà, ad alimentare soluzioni precarie ed incerte, abituati a spalleggiare sperperi ed inefficienze? La vera insidia è che – alla lunga – non si riesca a distinguere tra i cittadini ed i politici che li rappresentano. Vaticinava sibillino il Machiavelli : “governare è far credere” ma anche “dove c’è una grande volontà non possono esserci grandi difficoltà”. E delle due, l’una. A noi il dilemma e la scelta (e per ora, anche i problemi).