Fabrizia – Singolare la protesta che cittadini, piccoli imprenditori, artigiani e commercianti del piccolo centro montano delle serre vibonesi hanno voluto istituire in vista delle imminenti elezioni regionali del 26 gennaio attraverso una contro-campagna guidata dal comitato Indignati Speciali che mira ad ingrossare le fila degli astenuti e ad incrementare stime e percentuali, già di tutto rispetto, del partito del non-voto.
Una sorta di chiamata alle armi della diserzione civica alle urne per evidenziare, ancora una volta, tutto il disagio ed il malcontento di un comprensorio lasciato ai margini dell’interesse collettivo tenuto in considerazione però nel vivo del periodo elettorale.
Ecco dunque la contromossa condensata in un manifesto affisso un po’ ovunque nel circondario e che riporta sibillino le richieste che da tempo il comitato ed il suo presidente, Domenico Demasi, cercano di vedere esaudite: strade, lavoro, sanità e servizi. Il corrispettivo normalmente dovuto a cittadini laboriosi che pagano le tasse e si aspettano il ritorno in servizi essenziali ma che – a fronte anche di numerose proteste seguite da altrettanti inconcludenti incontri istituzionali – sembrano aver bucato l’agenda politica di amministratori locali, provinciali e regionali. Lagnanze che stavolta pare abbiano fatto ancor più breccia nella sensibilità della cittadinanza tanto che è lo stesso comitato ad informare di un’adesione potenziale all’astensione che si aggirerebbe attorno all’80% degli aventi diritto.
Una protesta singolare, non c’è che dire, proprio perché condotta da un consorzio spontaneo di cittadini, associazioni e piccoli commercianti di una provincia troppe volte bistrattata, in coda a molte classifiche nazionali che registrano la qualità della vita in Italia, ma che, paradossalmente, porta in dote per sé e per l’intera regione un potenziale turistico e di sviluppo enorme la cui vera voglia di riscatto passa necessariamente attraverso il risveglio civico e l’appropriazione di quegli spazi, oggi liberati, che proprio la politica – che oggi bussa alle case degli elettori per chiedere il consenso – ha contribuito malamente a dissipare.