• Ferrovie della Calabria, Usb denuncia: “Clientele e consociativismo stanno uccidendo l’azienda”
    Da un anno la società è passata alla Regione. Ma non si vedono segni di un rilancio del sistema del trasporto pubblico regionale
    30/11/2013 | Usb sindacato | Strill.it

    CATANZARO – Non più di due anni addietro l’allora delegato ai Trasporti della Regione Calabria Orsomarso, ebbe a dichiarare che il fallimento di Ferrovie della Calabria era stato causato dal familismo radicato nella gestione dell’azienda, omettendo di dire che la responsabilità era solo della politica e, in particolare, delle Giunte regionali di destra e di sinistra, per la verità, ma tra le quali anche quella da lui sostenuta attualmente al governo della Regione. Ebbe a pronunciare, pubblicamente, parole pesanti contro i lavoratori e le lavoratrici dell’azienda accusati di essere poco produttivi e di guadagnare molto, tutto allo scopo di creare una condizione di disagio e di pressione, e per trasferire al sentire comune dell’opinione pubblica una condizione assolutamente non rispondente alla realtà con l’intento di porre le basi per realizzare quanto poi previsto dall’accordo di ottobre 2011e cioè non riconoscere oltre 10 mln di euro annui per l’adeguamento dei costi di gestione. Un accordo definito storico dai firmatari, Orsomarso compreso, che oltre a licenziare ha tagliato il salario mediamente di trecento euro ad ogni uno dei dipendenti, ha aumentato le flessibilità peggiorando le condizioni lavorative di una sola categoria, la più importante, e cioè gli Operatori di esercizio.

     

    Vogliamo ricordare che il vero scopo di quell’accordo, fortemente voluto e preteso dalla Giunta regionale, era quello di non riconoscere gli adeguamenti dei corrispettivi previsti dall’accordo di programma sottoscritto tra ministero dei Trasporti, ministero del Tesoro e Regione Calabria e di rendere compatibile il costo di gestione con le sole risorse rivenienti e decurtate dall’accordo richiamato. Oggi, a distanza di un anno dall’acquisizione della società da parte della Regione Calabria, la situazione gestionale dell’azienda è passata, in una sorta di patto di non belligeranza tra OO.SS trattanti e management,  presidente del Cda Giuseppe Pedà e l’eterno e inossidabile Direttore generale Giuseppe Lo Feudo, sempre in groppa nonostante sia il vero responsabile della illegittima gestione amministrativa dell’azienda, dal “familismo” alla “cogestione” nel senso meno nobile del significato. Un metodo già sperimentato nella FdC nelle vecchie gestioni, che è statola vera causa del disastro aziendale. All’insediamento del nuovo Cda e del nuovo presidente Giuseppe Peda’, l’auspicio della scrivente organizzazione era di quello una avere si una nuova guida in discontinuità con le precedenti e un cambio di direzione per quanto riguarda la gestione aziendale che, in coerenza con i principi di economicità, del rispetto dei diritti dei lavoratorie delle lavoratrici, delle leggi e degli accordi, ponesse le basi per tutelare un importante patrimonio pubblico, perché questo è Ferrovie della Calabria, nonché dare ai cittadini un’azienda funzionale alle esigenze di mobilità per l’intero territorio calabrese. Nulla di tutto questo è accaduto.

     

    Si continuano a disattendere le leggi, i contratti e gli accordi vigenti andando oltre innescando ricorsi legali e altro. Esempio i regolamenti aziendali riguardanti la mobilità del personale. Ovviamente a pagare i danni nel caso di condanna è l’azienda, soldi dei cittadini, e non i componenti il management visto che parliamo di un’azienda pubblica il cui intero capitale è in mano alla Regione Calabria. Ma la cosa più grave, visto che c’è un’azienda pagata oltre trecentomila euro che sta per elaborare un nuovo piano industriale e quindi la riorganizzazione dell’azienda, l’attuale management non trova di meglio di applicare un accordo del 2008 che aveva previsto, per il personale assunto in possesso di laurea, un percorso formativo coerente con un nuovo organico mai definito. Un bellissimo esempio di come si possono comunque applicare accordi superati se questi favoriscono singoli lavoratori ovvero fanno parte del patto concertativo/consociativo. A tal proposito, nonostante sia stato richiesto all’azienda l’accesso agli atti amministrativi in coerenza con quanto disposto dalla legge, questo ci viene negato. C’è forse paura che vengano fuori magagne ovvero altri favori funzionali a tenere in piedi il famoso e oramai palese patto concertativo/consociativo in essere dall’ottobre 2001 con le OO.SS. trattanti?

     

    Si aggiunga che questa strana operazione comporterà l’aumento dei costi del personale, quasi tutto amministrativo, per oltre 250.000 euro annui ed è realizzata nonostante l’azienda abbia comunicato che ancora non si è raggiunto l’equilibrio finanziario costi/corrispettivi. Possiamo dire che i sacrifici sono stati imposti solo ai lavoratori ed alle lavoratrici dell’esercizio. Quindi, come si può constatare, il nostro auspicio è andato deluso, non avevamo dubbi ma adesso abbiamo anche la certezza. Abbiamo solo atteso che maturassero i tempi per conoscere il tanto nuovo modello di gestione della FdC molto simile a quelli presenti in tutte la aziende pubbliche dove la politica presenzia il “territorio” con trombati e/o riferimenti. Abbiamo sempre espresso dubbi sulla “libertà” dei manager nominati dalla politica, senza metterne in discussione aprioristicamente le loro capacità manageriali, per gestire un ‘azienda che, ricordiamo a chi legge, è di proprietà dei cittadini e non della politica. Nel caso di specie abbiamo avuto, purtroppo, le certezze di quanto da noi sostenuto tanto da farci affermare, con convinzione, che i politici, durante il loro mandato, pensano di diventare proprietari dei beni pubblici e che quindi, ne possono fare uso e consumo per compiacersi con i loro fedelissimi e per acquisire consenso senza pensare alle conseguenze che ricadranno sui veri proprietari, i cittadini, che, a causa le loro sciagurate gestioni, subiscono, in questo importante settore, tagli e aumenti delle tariffe e quindi la limitazione del diritto alla mobilità.

     

    Noi continueremo nei nostri percorsi di lotta e di opposizioni a questi metodi che nulla hanno a che fare con l’interesse della maggioranza dei dipendenti e dei cittadini calabresi che meritano di avere una classe dirigente che lavori nel loro interesse, che utilizzi al meglio le poche risorse pubbliche e che rispetti, quando è chiamata a gestire direttamente le aziende pubbliche come succede nei trasporti, nella sanità ed in altri comparti strategici, le leggi dello stato i Cnnl e gli accordi sottoscritti.