Per adesso si è trattato del ruggito del coniglio. Quel che accadrà in seguito si vedrà. Ma passato per il vaglio attento del Consiglio Superiore della Magistratura il ddl anticorruzione partorito dalla ministra Paola Severino, di recente approvato dal Senato, può dirsi al di sotto delle attese. Ed è una sentenza virtuale di otto pagine dell’organo di autogoverno dei magistrati a bocciare il testo con rilievi che sicuramente non potranno non essere recepiti nella prossima riunione in Commissione per le Riforme. Anche se è chiaro a tutti che il dettato è figlio dei compromessi che i partiti della strana maggioranza hanno mediato dopo estenuanti trattative, con particolare riferimento agli alti papaveri del Pdl, per poterne ottenere l’endorsement. Sicuramente un primo passo, anche importante, se inteso a dare un segnale nella direzione del contrasto degli illeciti degenerativi in tema di corruzione ma, indiscutibilmente, altrettanto migliorabile. D’altronde quando dal palazzo di Via dell’Indipendenza vengono elargiti concetti tipo “arretramento particolarmente significativo” o “segnale simbolico incoerente” – detto della concussione per induzione a causa della esiguità della pena - o peggio, “rischio di far lavorare a vuoto il sistema”, riguardo la riforma delle pene per la corruzione, ebbene, più d’una perplessità sembra aleggiare rispetto ad una decisa stroncatura nel merito. Più tranciante sembra il Csm nel valutare la opzione della Guardasigilli in merito al fatto di punire anche la condotta della vittima della concussione per induzione laddove, nel parere-documento viene rilevato che “È una scelta che suscita perplessità.
La pena prevista, per la sua entità, fino a tre anni, non è probabilmente in grado di costituire un serio deterrente. D’altra parte essa avrà molto probabilmente l’effetto di ostacolare le indagini nei reati di concussione per induzione, atteso che crea un nesso di solidarietà criminale tra i protagonisti della fattispecie, normalmente uniti da un patto segreto privo di tracce ulteriori, che condividono l’interesse a evitarne l’accertamento”. Ma il vero insormontabile ostacolo è e resta il tempo di prescrizione valutato come inadeguato, in quanto, paradossalmente il ddl in alcuni casi addirittura lo riduce, mettendo in discussione anche i processi in corso. Qui il Csm è lapidario quando afferma che “senza un radicale ripensamento ogni modifica legislativa rischia di risultare vana in quanto le statistiche dimostrano che il principale ostacolo nella repressione del fenomeno sta nell’attuale sistema di calcolo e nei termini troppo brevi della prescrizione”.
Senza contare che il testo è parso largamente lacunoso non trattando con la dovuta severità la materia dell’incandidabilità dei politici coinvolti in reati corruttivi. A difendere il ddl è intervenuto anche il premier Monti ribadendo che il ddl è il punto di partenza per la crescita dell’Italia . E rilanciando, ha affermato: “Per l’Italia ci metto la faccia. Ma siamo in dirittura d’arrivo. Io non posso non ritenere che anche una legge seria contro la corruzione sia fondamentale per attrarre gli investimenti e per sbloccare anche per quella via la crescita del Paese”. Pensiero sobriamente saggio e peraltro condivisibile. Ma questo potrebbe accadere nella misura in cui la norma potesse venir approvata liberamente secondo “coscienza tecnica” escludendo l’intrusione interessata dei partiti, che di essa – con tutta evidenza- stravolgono scientemente persino la damnatio memoriae.
1 commento
Aldo Bonini
21 ottobre 2012 a 20:03 (UTC 2) Link a questo commento
Ma non vi sembra una cosa assurda perdere tempo a fare una legge che gia’ è insita nel comportamento delle persone oneste?