REGGIO CALABRIA – Da circa un anno, l’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria aveva annunciato l’acquisto di nuove ambulanze e l’assunzione di personale autista. Ciò serviva a garantire il Servizio urgenza emergenza pedica provinciale e, in particolare, nella Piana di Gioia Tauro. Ad oggi nulla di quanto promesso si è avverato. Di recente sono state acquisite nuove autovetture ma, di ambulanze neanche l’ombra. La Piana di Gioia Tauro aveva in dotazione e continua ad avere una sola ambulanza di proprietà. Quest’unico mezzo di soccorso ha raggiunto il ragguardevole traguardo di 430.000 chilometri percorsi e, consapevoli che nessun cittadino si sognerebbe di affrontare un viaggio medio lungo con una vettura così vissuta, si ritiene assurdo che l’Asp fa finta di non sapere e continua a comandare i propri autisti soccorritori in lungo e in largo.
Non si contano più i tanti trasferimenti urgenti di ammalati cardiopatici, a rischio di vita, fatti da questa vecchia ambulanza verso la cardiochirurgia di Catanzaro, oppure quelli destinati a Reggio Calabria in Neurochirurgia o in Rianimazione in codice rosso, noncuranti dell’alto rischio di mancare la destinazione per vetustà e inaffidabilità dell’automezzo. Orbene, se le auto blu, dedicate al trasporto di importanti personaggi non si lasciano invecchiare, perché lo stesso trattamento non viene adottato alle ambulanze che trasportano l’ammalato in emergenza? Questa logica riflessione di un qualsiasi cittadino non riesce a fare breccia nei vertici aziendali e quindi la risposta che si da il buon padre di famiglia è soltanto una: chissà quale inghippo si cela dietro questa ordinaria follia! La colpa probabilmente è degli autisti soccorritori, dipendenti dell’Asp e in servizio sulla Piana di Gioia Tauro.
Questi uomini continuano a guidare la nonnina elegante dal fiato corto, forse perché si sono permessi di mettere in chiaro alcune pieghe del sistema e, adesso, dovrebbero subire le angherie di qualcuno convinto di poter dettare legge. Stare puniti, ma non in silenzio, senza divise (quelle in dotazione sono vecchie e lacerate), allocati in una sede che, ad essere buoni, si potrebbe definire una topaia, fare turni di servizio “imposti” al di fuori della normativa contrattuale, non lavorare nei trasferimenti programmati come i colleghi di Locri e Reggio Calabria, non avere in dotazione il telefono fisso e il fax, tutto previsto dalle normative di prevenzione e dagli ordinamenti regionali e nazionali, ma, non siamo né una sede regionale, ne nazionale, siamo purtroppo nel “Fort Apache” della Piana di Gioia Tauro. Su questi fatti non possiamo e non dobbiamo essere ottimisti. E’ bene continuare la denuncia pubblica e demandare alla direzione generale la dovuta risposta con interventi solerti e risolutivi, poiché non vogliamo che accada l’ennesima tragedia.