REGGIO CALABRIA – Non si può lasciare la vertenza inceneritore solo sulle spalle dei lavoratori di Ecologia Oggi, perché significherebbe abbandonare ad un triste destino non solo le loro vite ma anche quelle di migliaia di cittadini della Piana che respirano sostanze gravemente nocive per la salute di tutti. Dopo che una parte della politica calabrese diversi anni fa ha scientificamente disegnato un presente ambientale così disastroso per la Piana, oggi si vorrebbero scaricare sui cittadini le pericolose conseguenze delle loro azioni, approfittando della trascuranza mista a rassegnazione che spesso vi è tra le nostre popolazioni.
Quanto emergerebbe dalle denunce dei lavoratori di Ecologia Oggi è allucinante e merita adeguati approfondimenti in modo che ognuno venga posto dinanzi alla proprie responsabilità. Un cittadino ha o no il diritto di sapere che aria sta respirando? E’ vero che i filtri dell’inceneritore non vengono sostituiti da anni? E’ vero che la caldaia è priva di manutenzione da oltre due anni e che i tubi sono quotidianamente a rischio rottura? A che punto è l’istituzione del registro tumori? Il Prc sottopone questi interrogativi a tutti i soggetti istituzionali, ed all’assessore regionale all’ambiente in primis, per alzare il livello di attenzione su un tema, quale quello della salute pubblica, che non vogliamo delegare a nessuno, considerato che fino ad oggi niente e nessuno è stato in grado di rassicurarci.
Se fosse vero quanto avrebbero dichiarato giustamente i lavoratori, è auspicabile che la Procura della Repubblica apra una inchiesta al fine di accertare tutte queste nefandezze inviando dei periti affinché si possa fare luce su ogni aspetto ed eventualmente rassicurare i cittadini che non vi sono rischi di inquinamento. Perché ad esempio, il sito dell’Arpacal, una volta effettuate le rilevazioni, non riporta integralmente le relazioni in modo che siano consultabili liberamente da tutti i cittadini? Alcuni anni fa, nell’inceneritore di Pietrasanta (LU), venne registrato uno sforamento delle diossine quattro volte superiore ai limiti previsti dalla legge ed il consorzio dei comuni dell’area chiese ed ottenne da Veolia la chiusura dell’impianto per due mesi, e impose che, alla sua riapertura, dovessero essere gli enti pubblici, attraverso Arpat e Asl, e non più il gestore, ad avere accesso ai dati dell’inceneritore per tenerli sotto controllo.
La nostra salute viene prima di ogni cosa. Non si può continuare a nascondere la testa sotto la sabbia, e per queste ragioni daremo battaglia sino a quando non verrà fatta estrema chiarezza su ogni aspetto denunciato in merito alla pericolosa condizione in cui verserebbe l’inceneritore di Gioia Tauro. Insistiamo nella richiesta di una seria indagine epidemiologica dell’area, di un monitoraggio trasparente dell’impianto e della realizzazione di un piano strategico dei rifiuti che, attraverso il riuso e il riciclaggio, la raccolta differenziata porta a porta e la gestione a freddo della frazione residua, porti alla chiusura di questi impianti nocivi e dannosi.