• La parabola del Pd calabrese, che rischia di garantirsi un ruolo di perenne minoranza
    02/06/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    DOPO AVER PERSO rovinosamente, per non aver saputo rinnovare l’offerta politica, le elezioni regionali del 2010, il Pd in Calabria è via via passato dal ruolo di primo partito a comprimario, fino alla diaspora seguita dalle dimissioni dell’ex governatore Loiero, già passato a miglior vita politica dapprima attraverso un suo movimento il Pdm per poi andarsi ad accasare al Mpa di Lombardo. Da allora, ma forse ancor da prima, il travagliato partito delle beghe dava chiari segnali a riguardo la sua irrequieta ingovernabilità. Un partito con una molteplicità di fazioni e correnti interne che hanno generato, ed ancora, continue turbolenze e rivendicazioni, che fa si che ciascuno dei componenti cerchi disperatamente di ritagliarsi un posto al sole tentando di far fuori i rivali interni con ogni mezzo. E così terminata ingloriosamente l’esperienza Loiero, che già da governatore aveva il suo bel da fare per calmare gli animi e cercare continui punti d’equilibrio utili ad accontentare questo o quell’altro esponente, in un estenuante mercanteggio con gli stessi compagni di partito e con gli alleati di coalizione, il partito si è trasformato alla volta di un ring ove regolare il redde rationem.

     

    d'attorre, commissario pd in calabria

    Con spaccature e minacce d’abbandono all’ordine del giorno, alla dirigenza nazionale non è rimasto altro da fare se non commissariare il Pd Calabria con dei padri nobili. Ma con la venuta del senatore Musi, se possibile, le cose sono addirittura peggiorate. Lancio di strali perpetue e straccio delle vesti senza ritegno tra i massimi esponenti dei democratici impegnatissimi a rinfacciarsi colpe personali ed insuccessi politici, a cui seguono espulsioni (Adamo in testa), abbandoni e recriminazioni d’ogni sorta. Intanto, non curanti dell’elettorato, più attento di quanto non si potesse credere, ecco che il Pd contribuisce notevolmente con l’esempio ad allontanare i cittadini dalla politica, e specialmente i propri elettori. Infatti, con una lectio magistralis, quasi impossibile per qualsiasi altro partito politico, riescono in un sol colpo a perdere le elezioni regionali, provinciali e buona parte delle votazioni locali, disperdere il patrimonio di fiducia dell’elettorato e spingere con passione inaudita per lo sgretolamento del partito.

     

    Secondo tempo, via Musi entra D’Attorre. Neanche il tempo di prender le misure ed ecco che iniziano a tirarlo per la giacchetta ed a protestare per le candidature su chi debba essere più consono a rappresentare il partito in Calabria, recriminando ciascuno dei candidati meriti per sè ed avvelenando pedissequamente i pozzi altrui. Quel che i dirigenti nazionali, Bersani in testa, non hanno ancora compreso bene è che intanto il tempo passa e che gli eventi si evolvono. Lo schiaffo di Grillo ne è una prova lampante. Il Pd nazionale e calabrese in particolare, ancora oggi risultano un partito con scarso appeal, molto litigioso, costantemente indeciso ma soprattutto coacervo dei soliti volponi della vecchia politica che, a quanto pare, non manifestano alcuna intenzione di schiodare dalle poltrone per lasciare spazio a volti ed idee nuove. Con queste premesse, continuare a perdere consensi è del tutto fisiologico.

     

    Con questo modo scarsamente partecipativo far riavvicinare i cittadini alla politica è compito arduo. Ed inutile dire che con queste continue strategie della tensione interna, l’unico risultato utile immediatamente ottenibile è quello di favorire i competitors. Il Pd calabrese infatti, pare ridotto alla stregua d’un partito feudale dove ciascuno pensa per conto suo al proprio mesto orticello, disattendendo intanto al ruolo irrinunciabile di opposizione costruttiva, ed in secondo luogo, rendendosi incapace di presentarsi credibilmente quale alternativa politica, ricca di idee e proposte, di possibile governo in contrapposizione all’attuale. Con queste credenziali, in vero, è difficile persino comprendere quali siano le proposte alternative di buon governo per la Calabria che, tutt’ora non pervenute, stazionano evidentemente al sicuro e ben riposte nelle sole buone intenzioni degli esponenti democratici. L’effetto è quello di garantirsi un futuro da minoranza perenne che tanto basta a lenire le preoccupazioni di un sornione centro-destra che, solo per ora indisturbato, incassa e ringrazia