PALMI – Me ne avevano parlato tanto ma io, pur lavorando a Palmi da tanti anni, non avevo mai visto la Varia. Quest’anno il richiamo è stato forte, forse anche perché amplificato dai tanti annunci e dalle pagine di giornale scritte da quando la “Varia” è stata candidata a diventare patrimonio immateriale dell’Umanità Unesco.
Un evento da vedere e da aggiungere tra le “cose viste” , questo il mio intento iniziale. La realtà, ciò a cui ho assistito, ha spazzato via ogni dubbio, La Varia non è un evento qualunque, vedere la Varia di Palmi almeno una volta è imperativo categorico per ogni calabrese ed ogni italiano. E’ una manifestazione che nulla ha di meno rispetto alle più belle manifestazioni cui si ha modo di assistere sul territorio nazionale. Proverò a raccontare l’esperienza fuori dalla cronaca che si può leggere sui giornali del giorno dopo, proverò a raccontare la Varia così come l’ha vista uno spettatore alla sua “prima volta”.
L’impeccabile organizzazione logistica con tanto di “zona rossa” ha consentito uno svolgimento ordinato e senza incidenti. All’arrivo il parcheggio fuori città e le navette di collegamento con la zona adiacente il teatro dell’evento. Un fiume di persone che si indirizzava verso il centro città senza sapere di preciso dove andare e cosa vedere. Qualche imbeccata di amici, rivelatasi essenziale, mi aveva consigliato di assistere alla manifestazione nella sua interezza, senza limitarmi alla “scasata”, l’atto con il quale l’enorme struttura inizia il cammino sul corso, ma cogliendo anche i due momenti precedenti ossia l’uscita dalla “casa” dell’Animella dopo il corteo storico e la sua benedizione sul sagrato del Duomo-Cattedrale.
Detto, fatto. Mi sono diretto dove non tutti sapevano. All’arrivo dinanzi a casa Tigano, che storicamente ospita l’animella prima della partenza, un tripudio di folla stipata su ogni qualcosa fosse utile per rivolgere il proprio sguardo verso il balcone, quel balcone dove, in un angolo, era tenuta sospesa abbracciata a turno dalla madre e da diversi componenti della famiglia ospitante, l’Animella. Lei, Grazia Iannì, undici anni, un Angelo personificato, con la sua stupenda faccina abbronzata, ha assistito al passaggio delle varie corporazioni lanciando ogni volta una rosa di colore corrispondente al colore sociale della corporazione che si presentava al suo cospetto.
Canti, cori, invocazioni la colonna sonora di ogni passaggio. Ogni corporazione a gridare e rivendicare l’obiettivo “ui,ui,ui, la scasamu sulu nui” quasi ad auspicare che il merito della “scasata” fosse solo appannaggio della propria e non delle altre. E poi via con i complimenti a strofe rivolti a Grazia Iannì “quant’è bella l’Animella, quant’è bella l’Animella” in un coro modello stadio accompagnato da ritmati salti e sbandieramenti. E lei, angelica, a sorridere a tutti ed a salutare con quelle mani che non hanno quasi mai smesso nel gesto di riverenza nei confronti di chiunque le rivolgesse un saluto. Un primo momento assolutamente suggestivo ed emozionante.
Corporazioni, Padre Eterno, figuranti apostoli, comitato organizzatore, politici e, in coda al corteo, una “portantina”, una sorta di trono portato a spalla sul quale far sedere l’Animella nel percorso verso la benedizione. Sul sagrato della Concattedrale un breve e significativo discorso del parroco e la benedizione di Grazia Iannì estesa a tutti i presenti, poi altro viaggio lungo la via Roma per poi rientrare sul corso Garibaldi fino alla Varia incastrata in una impalcatura appositamente costruita per consentire ad ogni “figurante” di posizionarsi sulle diverse altezze.
Ho avuto la fortuna di assistere involontariamente alle fasi preliminari alla scasata proprio a lato della Varia, sotto l’impalcatura che dava le spalle al monumento a Cilea. Ho praticamente vissuto la mia prima Varia a stretto contatto con i protagonisti, soprattutto con i “Mbuttaturi” che con assoluta impazienza hanno aspettato, chiedendo ripetutamente che ora fosse, il momento cruciale, quel colpo di cannone a salve sparato dal monte Sant’Elia, segnale di partenza.
Ogni mbuttaturi scalzo, con ai piedi solo due o tre paia di calze rinfrescate con acqua ghiacciata, del pari il foulard colorato che sarebbe servito a fasciarsi la bocca per evitare di inalare le polveri da stridìo scaturenti dallo strofinamento dei pattini di ferro con la pavimentazione in pietra lavica del corso.
Ad uno ad uno trenta angioletti venivano posizionati in una sorta di imbragatura di ferro imbottita e chiusa con lucchetti numerati, piedi appoggiati e legati per evitare movimenti, una bandierina colorata in mano. Sono quasi le sette di sera e l’ora si avvicina, ma qualcosa fa ritardare la partenza. C’è da sbloccare la Varia, da liberarla dalle pesanti travi che la immobilizzano, c’è anche da tranquillizzare i bambini angioletti impauriti, ci pensa una bellissima ragazza, anche lei in costume bianco, che con estrema dolcezza rassicura ognuno di loro direttamente sulla Varia fino a strappare loro un sorriso liberatorio.
Finalmente tutto sembra pronto, levato il telo bianco che copre la visuale sul corso, appare la struttura nella sua imponenza e completa in ogni suo “accessorio” sia esso umano o inanimato. Sotto la Varia, a cavallo tra le travi, diversi mbuttaturi vengono destinati a muovere una sorta di ruota che origina i movimenti del sole e delle piattaforme su cui sono sistemati una parte degli angioletti. Da uno spiraglio si vede pure qualche paio di scarpe appese proprio sotto la macchina a spalla.
Con quasi un quarto d’ora di ritardo il colpo di cannone e via, così rapidamente come non ci si poteva immaginare. Mi aspettavo una lenta progressione ed invece tutto è successo così rapidamente quasi a non accorgersi di nulla. Una frazione di secondo e la Varia era già “scasata” e distante decine di metri dal punto di partenza.
Un fiume di gente in ogni centimetro occupabile ha assistito a undici minuti e ventitre secondi di spettacolo. L’Animella per nulla intimorita dal basculare del suo seggiolino, ha continuato a salutare e benedire i presenti fino al dietro-front ed al ritorno in Piazza Primo Maggio dove, dopo qualche minuto è stata riportata sulla terra ferma grazie all’intervento di una autoscala dei Vigili del Fuoco, dopo di lei il Padre Eterno e per ultimi i trenta angioletti.
La gente sfila lentamente davanti all’imponente struttura, scatta foto ricordo e poi ognuno lascia la piazza rievocando l’evento. La Varia 2013 è finita, ma dal palco delle autorità arriva un messaggio che annuncia come possibile la ripetizione già l’anno prossimo contrariamente alla prevista e storica periodicità quadriennale. E se dovesse andare a buon fine la procedura di riconoscimento Unesco della manifestazione come patrimonio immateriale dell’Umanità, la Varia verrà ripetuta con cadenza annuale.
Non c’è altro da aggiungere. Questo è quello che può essere scritto da uno spettatore non qualificato alla sua prima Varia. Ma vederla dal vivo è tutta altra cosa. Gli assenti sono avvertiti.
Non avevo con me attrezzature professionali. Ho vissuto l’esperienza con l’amico Renato munito di macchina digitale e con mio figlio undicenne Gabriele che non si separa mai dalla sua piccola telecamera. Di seguito uno slide-show fotografico di Renato Gallo con le immagini più belle della manifestazione ed un video amatoriale interamente realizzato dalle riprese al montaggio dal piccolo Gabriele. Il video rappresenta la varia vista con gli occhi di un coetaneo dell’Animella e soprattutto vista ad altezza di bambino.