ROMA - Per le minacce subite dai magistrati del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, gli inquirenti privilegiano la pista della ‘ndrangheta che non gradisce i provvedimenti giudiziali di allontanamento dei propri figli, a contrasto all’indottrinamento mafioso.
Questi fatti vanno pubblicamente condannati dalle istituzioni e dalla parte sana della società calabrese.
Si è invece registrato un deprecabile silenzio, eccezione fatta per le due Autorità Garanti che, auspico, possa interrompersi.
Questo silenzio può, comunque, dare importanti indicazioni.
Ricordo il ruolo attivo dell’informazione, all’indomani – era il 2012- del primo provvedimento de potestate, con il quale il Presidente Roberto Di Bella, sottrasse il figlio a un boss che lo indottrinava alla mafia. Le notizie riportate, rischiarono di distogliere l’attenzione, dal dovere della Repubblica, di agire nel superiore interesse del minore e di isolare quel valoroso Magistrato. Fu dato risalto, per lo più, alle dichiarazioni di chi, non condivise l’iniziativa giudiziaria e non esitò a definireuna deportazione, l’allontanamento del bambino, disposto dal magistrato e una violazione del suo diritto all’amore genitoriale.
Anche recentemente, in occasione del provvedimento giudiziale di allontanamento del figlio undicenne di un esponente di mafia e di una collaboratrice di giustizia che confermò le dichiarazioni di sua madre sugli illeciti del padre e della cosca, ci fu chi teorizzò, addirittura, che l’azione della magistratura fosse contraria agli interessi minorili perché aveva messo il figlio contro il padre, facendogli perdere il suo affetto.
Concludo ricordando che questi importanti provvedimenti di tutela minorile dell’Autorità Giudiziaria, incontrano non poche difficoltà, nell’ esecuzione, a causa dei colpevoli ritardi di funzionari dell’apparato burocratico dell’Ente Regione e dell’ASP.
Purtroppo non si risolleva la Calabria, con il solo taglio di nastri di opere pubbliche. I veri burattinai non sono né a Reggio né in altri posti della Calabria, ma da qui vanno a Roma (ci sono da tanto tempo), per tessere nei luoghi adatti, le trame, per garantire politicamente e fare crescere la ‘ndrangheta.