• Nuovo colpo all’antico palazzo municipale di Cinquefrondi, deturpata la facciata. Scompare la scritta in stile liberty
    23/05/2012 | Edicola di Pinuccio

    CINQUEFRONDI  - Il Municipio non abita più qui, dunque via anche la scritta. Potrebbe essere in questa “stringente” logica la causale della scelta incomprensibile che la foto accanto documenta. Vittima, ancora una volta, il palazzo del Comune, che dopo più di un secolo non ospiterà più la macchina amministrativa, trasferita nel nuovo edificio. Nella nuova sede comunale si ritiene trasferito anche il fregio in stile liberty con la scritta MUNICIPIO, che nella facciata del vecchio palazzo compariva sotto lo stemma comunale,

     

    La cosa potrebbe far sorridere – per l’ingenuità di chi scambia un elemento decorativo proprio dell’insieme di un’opera per un cartello informativo – e invece fa preoccupare. Perché rivela che chi ha responsabilità sulla cosa pubblica è incapace di guardare al territorio e alla società con competenza e saggezza, incapace perfino di conoscere i problemi e le risorse, i beni ambientali e i beni culturali, la storia e l’identità del comune che amministra.

     

    La vicenda offre poi un risvolto ancora più triste. Se non l’hanno rubato i ladri, il fregio deve essere stato rimosso alla luce del sole. In piena evidenza, come dalle nostre parti a volte accade, quando si compie platealmente un gesto senza le dovute verifiche. Già, perchè il palazzo comunale è sottoposto a vincolo delle Belle Arti, che lo classificano tra i Beni architettonici meritevoli di tutela e protezione. Un vincolo che rende illegale ogni intervento che modifichi lo status quo.

     

    Scelte amministrative culturalmente inadeguate da un lato e una beata indifferenza delle norme di legge dall’altra, ci hanno portati fin qui. Ci verrebbe spontaneo fare appello al sindaco e agli assessori affinché cambino marcia, e decidano una volta per tutte di agire per proteggere e restaurare il vecchio Municipio, riunendo al suo interno i preziosi mobili del Consiglio comunale, quelli delle stanze della Giunta e di alcuni uffici, da tempo dispersi. Un appello che potrebbe proseguire con la richiesta di non metterci dentro una scuola (il Liceo Musicale), e magari di verificare lo stato materiale dello stemma che compare sulla facciata principale…

     

    Ma ci rinunciamo, limitandoci a sperare che le autorità competenti, a cominciare dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali, dalla Provincia e dalla Regione, decidano di intervenire per sottrarre al degrado il Municipio. Appelli, richieste, domande civili a Cinquefrondi lasciano il tempo che trovano. Per salvare dalla rovina il vecchio Municipio serve cambiare completamente metodi e decisioni. Credere che accada per iniziativa del Comune è purtroppo una speranza vana. Le aspettative di una corretta azione amministrativa, che pure abbiamo nutrito, non paiono più possibili. Non si può risolvere un problema con la stessa logica che lo ha generato, disse un giorno Albert Einstein.

     


     
  • 7 commenti

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    1. art

      Grazie per averne richiamato l’attenzione!
      E’ questione di conoscenza, cura, amore per la bellezza, presente anche nell’elegante facciata e nel fregio rimosso dal palazzo comunale d’epoca. Caratteristiche le prime che nascono da cultura, che non è sapere di greco o di latino ma ben altra cosa, per la quale – se non esiste – e non è colpa – un retroterra, occorre sia essa mancanza sostituita da intelligenza, studio, ricerca, curiosità intellettuale; e fattori vieppiù indispensabili per i cittadini chiamati ad amministrare la cosa pubblica.
      Badate bene che non succede in un piccolo paese pedemontano soltanto. E’ l’Italia tutta così : il cattivo gusto impera e nuovi barbari fanno scempio di quanto di prestigioso rimane in piedi.
      Pensate alle chiese, che un tempo ‘ tenevano’ in relazione alla cura e salvaguardia del patrimonio artistico, e dove agli espressivi angeli e santi di cartapesta o legno sono ormai aggiunti leggii e ‘sculture’ prodotte col calco, rigorosamente in orrido metallo dorato o resina…
      Pompei perde pezzi; vi è il nullaosta montiano per una discarica accanto a Villa Adriana; migliaia di chilometri di costa sono una spaventosa colata di cemento; mille altri nuovi scempi incombono e dunque…no, non dirò ciò che sembrerebbe conseguenziale…Sia contestazione. Pure per il fregio rimosso dal palazzo comunale di in un piccolo paese del Sud .
      Perchè quella rimozione non è ‘insignificante’ : vi risiede quanto di tragico e negativo si è brevemente sopra espresso circa il ( fu) Bel Paese e la (fu) gloriosa e nobile Gens Italica.

    2. ang sic

      grottesco allucinante!

    3. antonio s.

      ma veramente? assurdo . riporto a futura memoria quello che significa in linea generale, un manufatto storico.
      “Cos’è un monumento? E’ un’opera d’arte, un manufatto architettonico, scolpito, dipinto, che per il suo pregio estetico, storico, artistico, morale, o a causa del valore documentario e di memoria che rappresenta, è sottoposto a tutela per la sua conservazione, a particolari vincoli di legge. Ma questo processo di identificazione, riconoscimento della qualità monumentale in un manufatto, non è solo un procedimento amministrativo; infatti, è soprattutto un processo culturale di assegnazione di significato, che opera nei confronti del monumento una sorta di trasformazione.” BASTERA’???

    4. Antonio Manfrida

      Un solo commento: incredibile e da non credere. Ma il commento non basta. Una proposta: petizione popolare per la tutela della memoria del nostro paese.

    5. Indipendente

      Senza parole…
      Ciò che è stato fatto è uno scempio, un offesa ai cittadini, uno schiaffo alla memoria storica del paese.

      Non basterà la giustificazione che sia stato fatto per riportare un “pezzo” di antico sul nuovo per dare continuità alle origini.

      Non basterà dire che è stato fatto per “risparmiare” dato che siamo in ristretteza economica e che il bilancio del Cumune è deficitario.

      Non basterà dire “pensavamo di fare bene”, è meglio che non lo facciate.

      Non dite che è stata levata la scritta per “restaurarla. Non ci crederemo.

      Il rispetto della “cosa pubblica” dovrebbe partire proprio da chi amministra la “cosa pubblica”.

      Segnaliamolo alla sovraintendenza.

      Vergogna.

    6. Mimì Giordano

      Gli uomini possono perdere oppure neutralizzare la memoria storica,ma le opere compiute ne
      conservano le tracce. Uno degli innumerevoli esempi ? Il nostro edificio scolastico elementare ”Francesco Della Scala” di Cinquefrondi, ricordiamolo nell’ 80° annivesario dell’inaugurazione, avvenuta nel1932, l’acquedotto comunale del 1933, l’asilo nido per i figli delle raccoglitrici d’ulive del 1936,costruito dietro la villa comunale e che ha operato,come asilo infantile sino a qualche decennio addietro,le case popolari al posto delle baracche post-terremoto 1908 ed i tanti manufatti edili realizzati in montagna a difesa dell’assetto idro-geologico. Il merito ? Di tutti, perché a quell’epoca,in quegli anni ante guerra tutti si riconoscevano in un unico destino e le opere sono rimaste a futura memoria. Signori amministratori di questi tempi, abbiate rispetto del loro pregio architettonico e culturale e cura della loro incolpevole vetustà. Il vecchio municipio di Cinquefrondi, dove la prima mattonella del pavimento della sala consiliare realizzata nel 1920,è saltata dopo oltre 70 anni – a dimostrazione della precisione,dell’onestà, dell’’amore con cui i muratori di una volta eseguivano i lavori – meriterebbe un destino degno di ciò che ha rappresentato per la storia paesana. In quelle stanze si è dipanato un secolo di storia , dove i podestà e gli amministratori dell’epoca che fu e tutti gli amministratori del dopoguerra sono certo che abbiano avuto in comune un immenso pregio,un valore che in questa epoca di sciacalli e iene , appare fulgidamente inestimabile: l’onestà. Cioè a dire il non aver rubato, il non aver approfittato delle risorse economiche pubbliche per arricchirsi. E di questo,come cinquefrondese, sono pienamente orgoglioso
      Mimì’ Giordano

    7. Rosanna Giovinazzo

      Scavi archeologici di Locri, località Centocamere, 20 studenti, precedentemente preparati alla visita, osservano, fanno domande, immaginano come poteva essere la vita in quel quartiere commerciale-artigianale di 2.500 anni fa. Qualcuno si isola un po’ dal gruppo e si china a terra, più e più volte, ma non ci faccio caso, magari è incuriosito da qualche pianta o da qualche insetto o lucertola. Terminato il percorso, quel ragazzo che si era un po’ isolato, si avvicina al gruppo e mi consegna una busta di plastica (che stonava certamente con quel posto ma, in quel caso, si era rivelata molto utile) piena piena di cocci e frammenti di vasellame vario, persino alcune anse di anforette, e mi dice con voce radiosa: “Professoressa, li ho raccolti tutti io, ma perché li hanno lasciati così a terra? Adesso li devo consegnare al custode perché appartengono al museo non a me che li ho trovati, vero?” Una tenerezza infinita oltre ad un’emozione, la mia, forte, molto forte: ero riuscita a trasmettere il senso della storia, del rispetto e dell’importanza della conservazione di ciò che era stato, dell’appartenenza ad una storia, la nostra, anche attraverso il ritrovamento di semplici cocci, millenari sì, ma pur sempre semplici cocci!
      Le testimonianze del passato di qualunque natura esse siano, anche quelle che potrebbero sembrare poco importanti, vanno sempre e comunque conservate e, direi, ossequiate. Perché rappresentano la linea del tempo, del nostro tempo, e perché da esse la comunità trae linfa vitale per rafforzare la propria identità e la coesione sociale e civile.

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