• Occupazione, ottimizzazione della spesa pubblica e contrasto all’evasione. Da dove far ripartire la Calabria.
    16/02/2012 | Giuseppe Campisi | Edicola di Pinuccio

    SU COME SI MISURINO le capacità degli amministratori, la Calabria avrebbe poco da dire o meglio farebbe bene a tacere visto che v’è un almanacco storico ben assortito ove s’annoverano campioni dello spreco e dello sperpero. D’altronde è bene ricordare che la nostra tutto sommato giovane Calabria ha solo 42 anni di istituzione e che i 15 presidenti di Giunta Regionale che si sono, nel corso del tempo, succeduti hanno lasciato e stanno lasciando il segno. Ed il tempo di magra di certo non ha scoraggiato il contenimento d’una tendenza che il segno sulle spalle dei cittadini l’ha lasciato, quello sì, per davvero.

    Ad esempio, ancora ci si domanda se sia davvero necessario, ed a cosa serva, l’assessorato ai Programmi speciali U.E., alle politiche euro-mediterranee, all’internazionalizzazione, alla cooperazione tra i popoli ed alle politiche per la pace retto dall’assessore esterno Fabrizio Capua. Quali sono esattamente gli ambiti di competenza di questo assessorato? Cosa di buono ha prodotto per i cittadini calabresi? Quali vantaggi i calabresi hanno ricavato dall’operato dell’assessore e del suo entourage? Quanto costa mantenere questa struttura che comprende oltre l’assessore, un segretario particolare, un responsabile amministrativo e quattro componenti di staff? Poche domande ma ancora molta nebbia. Ma in Regione, si sa, si è tutti in buona compagnia. Invero se ci soffermiamo brevemente sui alcuni dati risulta allora più facile comprendere che la nostra Calabria contando solo 2 mln di abitanti distribuiti su un territorio di 15.079 km2 con un Pil pro-capite di circa 16.400 € non sia proprio l’Eldorado. Ed ancor di più duole constatare come in questa terra dalle grandi risorse ma altrettanto dai mille volti e problemi si erga gigantesco il fenomeno della disoccupazione/inoccupazione che se ci si riferisce alla fascia d’età 15-24 anni vanta il primato amarissimo del ben 26,6%. Se si pensa all’ 8,5% dell’Emilia Romagna, un’enormità.

    E se lo sconforto assale i “giovani”, l’avvilimento misto alla disperazione opprime anche i meno giovani e più sfortunati che fanno una fatica titanica a rientrare nel mondo del lavoro. Ecco allora che il nostro problema sta tutto racchiuso lì. Questa è una regione che evidentemente non produce la ricchezza necessaria per l’autosostentamento. Di più ancora. La Calabria, il cui bilancio generale complessivo delle entrate è pari ad 9,83 mld di €, rileva un fabbisogno finanziario di 1,035 miliardi di euro, e pur dovendo autorizzare spese necessarie (per servizi essenziali e prestazioni e per la macchina amministrativa e burocratica) pari ad € 870 mln, in cassa se ne ritrova solo 685. Per cui, per i restanti 350 che mancano si deve fare ovviamente ricorso all’indebitamento che paradossalmente, come un circolo vizioso, erode la capacità di spesa o di contenimento in quanto si debbono riconoscere su queste somme, gli interessi. E col federalismo fiscale le cose sono destinate a peggiorare se non si concretizza una qualche inversione di tendenza che incida sui tre pilastri esiziali che rendono deficitaria la Calabria: l’aumento del Pil e quindi l’aumento della produzione della ricchezza pro capite da aversi con il deciso aumento dell’occupazione, il risoluto azzeramento dello spreco di risorse pubbliche e la virtuosa lotta all’evasione/elusione che arresti l’emorragia delle mancate entrate. Ardua impresa.

    Ma d’altronde utopisticamente ci chiediamo: esisterà realmente ancora qualche sobrio politico regionale, che per vocazione, sia disposto a mettere in discussione la propria rielezione scontentando se stesso e l’elite d’amici per favorire i cittadini intervenendo incisivamente in questi settori vitali per il bene comune?