REGGIO CALABRIA – Sulla vicenda della nomina del nuovo presidente del Parco nazionale d’Aspromonte si sta assistendo da tempo ad una polemica lacerante, dai toni e contenuti aspri, spesso scaduta ad ignobili livelli personali. Non è la prima volta, purtroppo, che la politica si esprime solo in termini di lottizzazione dei ruoli di “potere” all’interno delle istituzioni e arriva a livelli così bassi di scontro sulla nomina di un presidente. Tutto ciò con il rischio di svilire l’idea stessa del parco, accomunandola più ai giochi e agli interessi della politica che alle grandi e reali opportunità per il territorio e le comunità che esso offre. Così l’idea stessa di Parco può diventare negativa e ingombrante non solo per i suoi abitanti, ma anche per chi sostiene il ruolo delle aree protette e persino per gli amministratori locali. Infatti, anche i sindaci della Comunità del Parco hanno contestato il criterio a loro dire “verticistico e di lottizzazione politica” che sarebbe alla base dei nominativi proposti per la presidenza.
“Anche da parte nostra – dichiara Francesco Falcone, presidente di Legambiente Calabria – è giunto il momento di dire basta e di chiedere che la designazione delle nomine nell’Ente Parco non diventi paradossalmente un momento di scontro ai danni dell’idea stessa di parco, con tutte le motivazioni spesso meschine che si nascondono dietro sbandierati criteri e proclami. Ribadiamo, dunque, che la scelta non deve essere assoggettata a lottizzazioni partitiche ma deve avere elementi di oggettività”.
Un Parco, la cui genesi, come molti ricordano, non è stata certo facile – e ha richiesto lungo tempo e grande impegno non solo da parte di Legambiente, ma di tutte le associazioni ambientaliste presenti sul territorio aspromontano, che riunite in un coordinamento ne definirono di fatto l’assetto e la perimetrazione originaria -, ha l’esigenza, come e più di altri parchi, di assumere un metodo per la designazione delle nomine che faccia dell’ascolto e della concertazione gli strumenti per arrivare ad una necessaria condivisione dal basso della candidatura alla presidenza. Solo così si potrà arrivare ad una scelta democratica e condivisa.
La moralità, ovviamente, tra i requisiti che devono delineare il profilo del presidente del Parco è una necessaria precondizione. Le opportune competenze in campo ambientale, la capacità di prefigurare e perseguire un progetto complesso ed efficace per la valorizzazione del Parco, anche in termini d’innovazione e di ricerca da una parte e di allargamento del consenso all’idea di parco dall’altra, la “riconoscibilità” da parte sia del territorio che delle forze che in questi anni hanno sostenuto l’idea del Parco, e, ora più che mai, la prerogativa di essere persona al di sopra delle parti e che abbia dato prova di condividere e sostenere una corretta politica delle aree protette che ne affermi il futuro attraverso una loro piena valorizzazione, riteniamo siano alcuni dei requisiti indispensabili.
“Ma in più, in un momento di passaggio verso una riforma della Legge 394 sulle Aree protette, che come noi crediamo dovrà portare ad un ruolo di maggiore potere e protagonismo da parte degli enti locali e delle categorie che vivono ed operano nei parchi, coltivatori, allevatori, produttori, operatori del turismo, etc., il futuro presidente – aggiunge Falcone – dovrà avere la capacità non solo di mediare interessi ed istanze diverse, ma di coagulare intorno a sé le forze vive del parco in un progetto di sviluppo credibile e ecocompatibile”.