REGGIO CALABRIA – In queste settimane ampie porzioni del nostro territorio sono state devastate dai roghi, con gravi problemi per gli operatori antincendi dovuti ai ritardi inspiegabili della Regione Calabria nel predisporre il Piano per la prevenzione degli incendi e le convenzioni per i mezzi aerei e le fondamentali squadre di spegnimento a terra all’avvicinarsi della stagione in cui da sempre i nostri territori vengono percorsi dal fuoco. Come Legambiente ha tempestivamente denunciato, proprio a ridosso della città come ogni anno si è ripetuto il “rito sacrificale” di un’area pregiatissima del nostro territorio cittadino: la Collina di Pentimele. Gli incendi continuano a distruggere quel po’ di vegetazione che è rimasta, ma quel che lascia più da pensare è il silenzio dell’Università, che quest’anno più del passato è stata assediata dalle fiamme, che sembrerebbe siano state anche causa di notevoli disservizi. Insomma, l’Università brucia, ma non s’infiamma!
Ci domandiamo: è possibile che un centro di formazione e di ricerca come L’Università Mediterranea rimanga inerme e silenzioso di fronte al ripetersi di questo scempio, con le sue facoltà di Agraria, Ingegneria e Architettura, tutte dedicate alle scienze del territorio, che dovrebbero in realtà costituire una sorta di “presidio” della Collina stessa, che rientra tra l’altro tra le aree SIC e ZPS, istituite dall’Unione Europea e dal Ministero dell’Ambiente, e andrebbe quindi sottoposta a particolare tutela? Ma, soprattutto la facoltà d’Agraria con i suoi numerosi Corsi riguardanti in modo specifico queste tematiche, non dovrebbe sollecitare il Comune per avere affidata una parte della Collina per approntare un orto botanico mediterraneo anche a difesa del suo patrimonio arboreo e del habitat naturale?
Le facoltà di Architettura e di Ingegneria non dovrebbero sollecitare la realizzazione del Parco Urbano della Collina di Pentimele, progetto rivendicato ormai da troppi anni da Legambiente e dai cittadini reggini, ma colpevolmente abbandonato dall’Amministrazione Comunale, che sottrarrebbe certamente l’area non solo alle fiamme prima e alle frane poi, ma soprattutto al successivo e sempre più invasivo cemento della speculazione? Insomma, forse ci si aspetterebbe che l’Università iniziasse a diventare effettivamente un agenzia al servizio della città offrendo, per esempio, un efficace piano per la prevenzione degli incendi, un laboratorio di ricerca multidisciplinare sul sito che possa costituire anche un presidio contro gli scempi di questo territorio naturalisticamente e paessaggisticamente unico e, non ultimo, una sinergia con il Comune attraverso la delimitazione delle aree percorse dai roghi in modo tale che non ci siano alibi all’apposizione dei vincoli previsti dalla legge quadro n. 353/2000 in materia di incendi boschivi come deterrente agli incendi di natura dolosa e strumento fondamentale contro la speculazione (tali aree non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno 15 anni; non possono ospitare edifici e infrastrutture per almeno dieci anni; è vietata per dieci anni l’attività di pascolo e la caccia), e attraverso una campagna di sensibilizzazione che aiuti il Comune che per legge dovrebbe intimare ai proprietari dei numerosi terreni ormai abbandonati di provvedere per tempo alla loro pulizia dalla vegetazione infestante così che non costituisca pericolo per i fondi confinanti e per la collettività.Insomma, sarebbe ora che ognuno facesse la propria parte a difesa di uno straordinario patrimonio comune.