CINQUEFRONDI - Fu unità o annessione? Alla fine i briganti dovettero compensare armi in pugno la loro libertà violentata dai soprusi patiti e provare, in danno alla loro stessa vita, a difendere la loro depredata quotidianità offrendo guerriglia e resistenza al sabaudo invasore. Michele Carilli, nella presentazione della sua “Brutale verità” nella natìa Cinquefrondi presso la sala Creazzo del Polifunzionale, prova a sintetizzare così l’essenza dei moti post-unitari che fermentarono nel decennio successivo la presunta unificazione nazionale che aveva stravolto, loro malgrado, le vite, gli usi ed i costumi degli abitanti della penisola meridionale che fino ad allora, pur tra tante amarezze legate agli screzi con borghesia e feudatari, avevano senz’altro goduto, affrancandosi, d’un generale periodo di pace sociale sotto il dominio borbonico.
L’iniziativa, promossa dall’Associazione Nazionale Comuni dei Parchi presieduta da Michele Galimi e sposata dalla locale Pro-Loco, ha visto anche la significativa presenza di Mimmo Martino, voce ed anima dei Mattanza, con la moderazione garbata di Maria Lucia Alì. A portare i saluti dell’amministrazione comunale il Presidente del Consiglio, Ivan Raso. Il tema trattato è stato molto gradito all’uditorio sensibilmente preso dall’argomento al punto che gli stessi relatori hanno potuto offrire, pur nella sua crudezza, tutta la drammatica verità celata dalle cronache ufficiali. Ne è nato un vero e proprio rendiconto dal quale un accorato Michele Galimi ha recriminato per le mancate scuse che, ancora a distanza di 150 anni, non sono giunte dagli storici e dai rappresentanti della cultura ufficiale di questo nostro, a volte, bizzarro paese, nonché, per converso, per il grande imbroglio scaturito dai risvolti nefasti della spedizione garibaldina.Inframezzato dalla voce potente e caratteristica del cantautore Mimmo Martino, che ha saputo dispensare magistralmente, nella brevità dei brani, intensi spunti di riflessioni pregne d’attualità, frutto di un lavoro di notevole ricerca nella tradizione arcano-realista, la presentazione è stata un vero e proprio momento dialogante col pubblico.
L’opera – ha spiegato l’autore – rappresenta la volontà di documentare scientificamente gli accadimenti dell’epoca che ebbero riflessi tremendi sulla storia, sulle radici, ma che soprattutto incisero, e profondamente, sul tramando della memoria che venne deturpata irrimediabilmente sino ai giorni nostri. Solo ora appaiono drammaticamente chiari i motivi per cui si passò da un regno in pieno processo di sviluppo ed ingegno ad uno pseudo-stato, la cui componente soccombente fu rilegata ingiustamente al declino comparsando una parte meramente ancillare. La promulgazione di leggi-vergogna come la legge Pica ne furono l’esempio più eclatante – riferisce Carilli – che rincarando la dose ha poi ha voluto argomentare sul manutengolismo quale forma orrendamente repressiva usata per abbattere ogni genere di supporto e di connivenza da parte della popolazione civile alla resistenza militare dei briganti, che pur tuttavia vi fu, a testimonianza d’una insopprimibile volontà combattiva incarnata da personaggi, al limite dell’eroico popolare, come Carmine Crocco o delle brigantesse, intese anche quali figure antesignane di combattenti per l’emancipazione femminile, ante litteram.
Ecco allora che, in questo contesto, si colloca il lavoro proposto da Michele Carilli con uno scopo dichiaratamente revisionista, quasi a restituire, e per difetto, il maltolto della storia - peraltro come poi evinto, scritta da penne sabaude ben stipendiate – che dichiaratamente per interesse, fece unicamente scempio di valori e civiltà, costringendo forzosamente ad unire, per lo più con il tributo innocente del sangue dei vinti, il destino etero diretto di quella che potè definirsi - ma solo molto dopo – e con grande imbarazzo, una unica nazione.