• Processo “Cosa Mia”. La Cgil: bene le condanne. Prevenire le infiltrazioni mafiose nei lavori della Salerno-Reggio Calabria
    11/01/2012 | Cgil Gioia Tauro | Comunicato

    GIOIA TAURO – Le opportune e pesanti condanne, pronunciate  nei confronti dei “signori” delle ‘ndrine, a conclusione delle indagine  “cosa mia “ che  mise in luce infiltrazioni  e condizionamenti di ogni genere nei lavori di ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria,  sono una bella e significativa affermazione dello Stato nella lotta di contrasto alle mafie. Riteniamo, come Cgil e Fillea della Piana, che il valore della sentenza di condanna va ben oltre le sanzioni comminate ai singoli individui perché  serve a far crescere tra i Cittadini la fiducia nei confronti dello Stato e delle Istituzioni. Va, perciò, tutto il nostro  apprezzamento per il lavoro svolto dalle forze di polizia e dalla magistratura che,  con grande impegno e sacrificio hanno consentito   questo importante risultato. Oggi, la Calabria degli Onesti, che rappresenta la stragrande maggioranza di tutti noi, gioisce perché  aumenta la consapevolezza che sconfiggere la ‘ndrangheta si può ed il cambiamento è possibile.  Nello stesso tempo, purtroppo, bisogna registrare i forti ritardi della politica nel apportare riforme strutturali nelle procedure di affidamento dei lavori e degli appalti in grado di prevenire e arginare le infiltrazioni e il penetrare degli interessi della criminalità e in particolare delle cosche. Come diciamo, ormai  da troppo  tempo, non è più accettabile che il sistema dei subappalti e della frammentazione degli affidamenti consenta in ogni territorio l’egemonia e il controllo da parte delle criminalità organizzata. Senza interventi legislativi che introducano strumenti  strutturali di prevenzione, anche gli importati protocolli di legalità siglati dalle parti sociali rischiano di non produrre gli effetti sperati. Come Cgil e Fillea , inoltre, continuiamo a chiedere con forza, che tutte   le procedure di avviamento al lavoro vengano sottratte dalla sfera degli interessi della, ndrangheta. Ciò sarebbe possibile  attraverso l’introduzione di strumenti pubblici di controllo dell’impiego di manodopera. Ciò servirebbe anche a dare dignità al lavoro, facendolo uscire dalla mercificazione, dalla clientela e, soprattutto. colpirebbe  le cosche   facendole venir meno il consenso sociale che sta alla base della loro forza.  Non per nulla gli stessi magistrati inquirenti hanno più volte fatto notare nel corso di questi anni che, una delle forme più potenti che esercita la ndrangheta sul territorio è la gestione illecita del mercato del lavoro.