REGGIO CALABRIA – Mentre da un paio di mesi sta montando, fra intellettuali ed amministratori pubblici, un serrato dibattito sull’opportunità di modificare l’attuale normativa che regola gli scioglimenti dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose, si apprende la notizia che il consiglio dei ministri ha deciso di prolungare di altri sei mesi la permanenza delle due terne commissariali a Bagaladi e Bova Marina. Su tale delicata tematica non chiedo l’assegnazione della “palma d’oro” come precursore, rammento però che sino ad uno o due anni fa, a parte il sottoscritto, una pletora di politici condizionati da forte timore reverenziale nei confronti dell’alta burocrazia o della magistratura, altri caratterizzati da ignavia ed altri ancora forse con qualche scheletro nell’armadio non hanno mosso un dito ne detto una parola in merito all’argomento. In questo contesto non posso esimermi dal fare alcune considerazioni inerenti alla tematica.
Pur essendo noto che la normativa sugli “scioglimenti” per infiltrazioni mafiose esiste dal lontano 1991, è solo da un anno e mezzo, con gli scioglimenti di Bagaladi, Bova M., Careri, Samo e Sant’Ilario (tutti avvenuti in un paio di mesi) che questa forma di sospensione della democrazia prende corpo come realtà diffusa in tutto il territorio provinciale, avallata dal Governo centrale. Ho sempre sostenuto che, in caso di verifica di infiltrazioni mafiose o di condizionamenti, la normativa dovrebbe prevedere l’esclusione dalla vita amministrativa dell’eventuale “pecora nera” e non di un’intera compagine amministrativa con la revoca del mandato elettorale e del diritto di scelta da parte del popolo. Così come non ritengo giusto che qualche informativa delle forze dell’ordine possa essere sufficiente a dimostrare relazioni “compromesse” e di conseguenza interrompere un mandato elettorale, senza che la parte accusata abbia titolo a difendersi o la possibilità di dimostrare la propria estraneità. Appare quasi scontato, dopo tale premessa, il mio personale punto vista sulla concessione della proroga commissariale in questi due comuni.
Il provvedimento infatti può essere inquadrato solo come il perdurare di una azione negativa sulla democrazia degli enti locali. Aldilà delle competenze, qualità morali ed impegno profuso da parte dei commissari prefettizi con i quali si instaura sempre un corretto rapporto interistituzionale, queste eccellenti persone provenienti quasi sempre da fuori provincia e spesso da fuori regione non possono dare ciò che un sindaco eletto, primo cittadino del suo stesso paese, riesce a dare in termini di conoscenza, disponibilità e legame con il territorio. Vista la motivazione con cui si concedono gli ulteriori sei mesi di commissariamento, sostenendo che “il percorso di risanamento dalle ingerenze mafiose non è stato ancora completato”, la domanda che pongo ai lettori è: saranno sufficienti altri sei mesi per completare ciò che in diciotto mesi non si è riusciti a fare?
Sarà sufficiente prolungare l’interruzione democratica di un ente locale, viste le esperienze di Comuni come Taurianova, Melito P.S., Roccaforte etc. che già in passato, e più di una volta, sono stati curati dalla malattia mafiosa con la terapia del commissariamento straordinario? Superando anche la retoricità delle domande, il mio auspicio, purtroppo ormai tramontato, sarebbe stato che le comunità di Bova e Bagaladi avessero potuto riappropriarsi della democrazia alla prima tornata elettorale utile e che al contempo le due realtà avessero trovato la forza e la coesione per far prevalere alla logica della divisione un progetto unitario di “salute pubblica”