“Gli stessi distretti produttivi del Made in Italy non potrebbero sopravvivere senza gli immigrati”. Dalle parole della Coldiretti è facile intuire il peso e le conseguenti criticità, della manodopera agricola straniera nelle campagne italiane. Proprio la condizione dei lavoratori stranieri in agricoltura è il focus dell’inchiesta “Terraingiusta”, portata avanti da Medici per i Diritti Umani (MEDU). L’organizzazione Umanitaria nasce con lo scopo di “portare aiuto sanitario alle popolazioni vulnerabili e di individuare e denunciare, a partire dalla pratica medica, le violazioni dei diritti umani e gli ostacoli nell’accesso alle cure.” Non è un caso che il progetto Terraingiusta sia nato proprio nel 2013 nella tendopoli di Rosarno, definita all’interno del rapporto come “luogo di umiliazione di ogni diritto”.
I numeri d’altronde parlano chiaro: nel 2013 oltre 320 mila migranti hanno lavorato nelle campagne italiane, per un totale di 26 milioni di ore lavorate. Di questi 320 mila, oltre 100 mila risultano lavoratori irregolari, con punte delle 83% in realtà come quella di Rosarno. Nel rapporto, MEDU denuncia come tanto le irregolarità che le precari condizioni di lavoro e l’assenza dei diritti più basilari, siano da tempo ormai più che note alle istituzioni, ma che, nonostante tutto, queste si muovano solo nei casi più eclatanti come fu la rivolta di Rosarno del 2010. Da qui la necessità di un intervento indipendente, volto sia ad affrontare l’emergenza sanitaria in cui molto spesso versano i lavoratori stranieri, sia a verificare e denunciare le criticità socio sanitarie e l’assenza di diritti.
L’inchiesta di MEDU si è concentrata soprattutto in alcuni distretti del Meridione, dove, dati alla mano, l’emergenza è ormai perenne e irrisolta. In particolare l’intervento dell’organizzazione si è svolta tra Febbraio e Dicembre 2014, ed ha visto MEDU presente in Calabria nella piana di Gioia Tauro, in Campania nelle Piana del Sele, in Basilicata nel Volture Alto Bradano e nell’Agro Pontino nel Lazio. In tutte le aree di intervento, oltre all’assistenza sanitaria, grazie all’ASGI e LTPD, è stata fornita assistenza e consulenza legale a tutte le associazioni ed i lavoratori in merito alla “Legge Rosarno” contro lo sfruttamento lavorativo. Nello specifico della Calabria, l’intervento di MEDU, come già detto, è stato concentrato nella Piana di Gioia Tauro, tristemente salita alla ribalta delle cronache nazionali a causa delle condizioni di vita dei lavoratori stagionali negli agrumeti.
Durante la stagione della raccolta, l’ultima da Febbraio a Marzo 2014 e da Novembre 2014 ad Aprile 2015 (Quindi ancora in corso), oltre 2000 migranti raggiungono il territorio della piana per lavorare. Il fenomeno migratorio interessa per lo più i comuni di Rosarno, Gioia Tauro, Rizziconi e Taurianova. Come sottolineato nel rapporto, nonostante “il fenomeno si ripeta ormai da anni con le medesime caratteristiche, nulla cambia nella Piana, dove di stagione in stagione sembra consolidarsi una vera e propria zona franca di sospensione della dignità e dei diritti per i lavoratori immigrati”. I dati raccolti d’altronde confermano tristemente le dichiarazioni, basti pensare che il 79% degli immigrati intervistati vive in insediamenti senza servizi igienici, acqua ed elettricità, inoltre il 20% è costretto a dormire per terra per mancanza di letti. Insufficienti sono inoltre i servizi sanitari, tanto che numerosissimi sono stati gli interventi della clinica mobile di MEDU, sia nelle tendopoli di San Ferdinando che presso l’ambulatorio per migranti di Rosarno.
Nel rapporto viene sottolineato come ancora sia più che diffusa la pratica del caporalato, e di come manchi soprattutto la volontà politica di risolvere una problematica che si presenta uguale ad ogni stagione ormai da moltissimi anni. La maggioranza dei migranti presenti proviene dall’Africa Sub Sahariana, in particolare Mali, Ghana e Burkina Faso. Il 95% dei lavoratori stranieri è stagionale, cioè si sposta ogni fine stagione. Tra loro il 18% ha un permesso di protezione internazionale mentre il 38% per motivi umanitari. Un altro 20% è infine irregolare, ma in ogni caso l’83% dei lavorati è assunta in nero. Il 64% degli intervista ha dichiarato di ricorrere al caporalato per lavorare, inoltre il 79% di loro vive in strutture fatiscenti. Nonostante il permesso di soggiorno inoltre il 50% non ha la tessera sanitaria, e dopo le cure portate da MEDU sono stati riscontrati problemi all’apparato digerente nel 23% dei casi mentre nel 21% problemi a quello respiratorio.
Insomma uno scenario ben diverso da quello che vorrebbe far passare quella parte di politica che individua nel problema dell’immigrazione come causa di ogni male.Forse andrebbe detto l’esatto contrario. Dal business della prima accoglienza perennemente denunciato dalle organizzazione umanitarie, a quello dello sfruttamento del lavoro, sembra che molti migranti che arrivano nel nostro paese sperando in un futuro migliore, trovino invece sfruttamento e intolleranza. E come non ricordare allora la tragedia di qualche giorno fa dove 700 tra uomini, donne e bambini hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere le nostre coste. Perché forse è il caso di ricordare, che per tutte queste persone arrivare in Italia non è un viaggio in businnes class.