LA PROPOSTA DI REFERENDUM popolare abrogativo – ai sensi dell’art.75 della costituzione e in applicazione della legge 25 Maggio 1970, n. 352 sul quesito concernente l’abrogazione dell’Art. 2 della legge 31 Ottobre 1965, n. 1261 pubblicata sulla Gazzetta ufficiale 20 Novembre 1965, n.290, quasi certamente sarà rigettata. Spiace dare questa notizia, ma con molta probabilità sarà proprio così. Da qualche tempo infatti è veicolata su internet, in particolare sui social network, una campagna referendaria promossa da una organizzazione associata che và sotto il nome di Unione Popolare, che mira ad alleggerire la casta quantomeno di qualche privilegio: la diaria a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma. Ebbene, la seppur lodevole iniziativa degli ideatori quasi certamente non sortirà alcun effetto se non quello meramente folkloristico. E questo perché il quesito non potrà essere accolto, non tanto per una questione di costituzionalità, piuttosto per una lacuna procedurale che riguarda i tempi di raccolta delle firme. Infatti, il dettato dell’articolo 31 della legge n. 352 del 25 maggio 1970 stabilisce che “Non può essere depositata richiesta di referendum nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime”.
Poiché si voterà, per scadenza naturale, nel 2013, nel 2012 (anno antecedente a quello del voto) non si può depositare richiesta di referendum. Ergo, il quesito sarà dichiarato inammissibile dalla Consulta per una trascuratezza normativa, tra l’altro prevedibile, degli stessi moventi causa. I quali peraltro, da come si evince sul sito, si sono ben guardati dal chiedere l’abrogazione dell’art. 1 della stessa legge (che concerne lo “stipendio” dei parlamentari) proprio volendo bypassare il rischio di incostituzionalità verso il quale sarebbero incorsi trattando il tema. E come non bastasse, aggiungiamo, che i promotori di Unione Popolare non hanno anche brillato per capacità organizzative, lasciando scoperti o meglio non informati moltissimi comuni ai quali tanti cittadini si sono rivolti chiedendo notizie sull’iniziativa e dai quali hanno ricevuto risposte piccate. Dunque, pur avendo inteso concentrare sforzi ed attenzione sulla “diaria di soggiorno”, che secondo le stime proposte permetterebbero un risparmio pro-capite su ciascun parlamentare di circa 48.000 €/anno, i patrocinatori hanno disatteso le tempistiche, creando una fermentata mobilitazione intorno ad un tema anti-casta certamente caro ai cittadini, pur facendo loro percorrere una strada a vicolo cieco, ponendo di fatto la raccolta su un binario morto. E le firme sinora raccolte (circa 200.000) saranno, ancora una volta per dolo o leggerezza, utili a perseguire solo un l’illusione, depotenziate dall’efficacia prefigurata nel neutralizzare quei vantaggi che si voleva abolire così già spente sul nascere.