REGGIO CALABRIA – È un successo pieno il presidio simbolico contro il carbone. Nel giorno del No Coke Day nazionale, il movimento calabrese si ritrova a Saline Joniche e prende d’assedio l’area industriale dell’ex Sipi, scelta per l’ennesimo e avventuristico progetto di centrale.
“Abbiamo deciso di organizzare un presidio simbolico – annuncia vittoriosa Francesca Panuccio, a nome degli organizzatori del Coordinamento Associazioni Area Grecanica – ma oggi in piazza siamo in tantissimi, è una vera e propria manifestazione”. I numeri ci sono, e le presenze sono significative. A prendere la parola è il primo cittadino di San Lorenzo Lillo Sapone, a nome dei sindaci di Condofuri, Palizzi e Bagaladi. Il no al progetto della SEI è determinato. Prese di posizione decise anche dai rappresentanti istituzionali, con il deputato Sergio Piffari di Idv (Commissione ambiente) e il consigliere regionale dipietrista Peppe Giordano e il consigliere provinciale socialista Pierpaolo Zavettieri, e dai rappresentanti dei partiti (Pdci, Prc, Sel). Ma a caratterizzare il presidio è la presenza della società civile (oltre al Coordinamento, da segnalare tra gli altri la presenza del Csoa Cartella, della Rete calabrese Difesa del Territorio, del Collettivo UniRC, del Movimento 5stelle, dell’associazione Borghi solidali con Piero Polimeni) e soprattutto dei sindacati con la Cgil e Usb (Aureli Manti), a testimonianza che la questione occupazionale può trovare soluzione anche a prescindere dal progetto della centrale. Non sono mancate le associazioni ambientaliste, con i dirigenti nazionali Nuccio Barillà e Stefano Ciafani di Legambiente, Maria Grazia Midulla del Wwf e Flavio Stasi, rappresentante del movimento gemello contro la centrale a carbone di Rossano. Infine l’ingegner Perassi e il pneumologo Filippo Barreca hanno posto l’accento sulla questione salute. Fondamentale anche la presenza dei coltivatori del bergamotto, idealmente rappresentati per l’occasione da Ugo Sergi, testimonianza di una realtà d’eccellenza – che dà lavoro e produce economia con oltre 400 aziende – che sarebbe spazzata via dai fumi del carbone.
Ma a dare tono al presidio è stata la fantasia e l’ironia. Un carro allegorico preparato da Legambiente riassume il senso della centrale targata SEI: “La gallina dalle uova alla coke…” e null’altro da aggiungere. “Sole, vento, cultura e mare, qui non c’è spazio per la centrale” recita lo striscione del Coordinamento. Poi si punta su un classico: “La Befana solo il 6 gennaio!”, mentre gli attivisti distribuiscono caramelle invece che carbone. C’è spazio anche per i tiratori con l’arco, che danno il loro contributo alla lotta centrando un bersaglio su cui campeggia il progetto della centrale. E poi decine di striscioni, le bandiere colorate del movimento No Ponte e dell’associazionismo diffuso, i simboli storici dell’ambientalismo e quelli della resistenza civile. Spazio anche ai versi, con le stilettate poetiche dialettali di Ciccio Demetrio, un cittadino melitese impegnato caparbiamente nella lotta al carbone, insignito simbolicamente del premio “Fionda di Davide” da Legambiente, perché la sfida alla centrale si fa anche con le pietre delle parole.
“Siamo noi Repower – urla Markus Keller, rappresentante del movimento svizzero “ZUKUNFT STATT KOHLE – Futuro invece che carbone” – noi svizzeri siamo i proprietari della società, e dovranno ascoltarci”. Una lezione di civiltà che il paese neutrale per eccellenza, ma affatto indifferente, dà all’Europa, scendendo in campo contro la multinazionale elvetica che investe su un futuro sporco in regioni lontane. Hanno voluto esserci a Saline, ricambiando la visita estiva del movimento calabrese. Hanno voluto esserci per dire tutte le verità sull’investimento Repower a Saline e in Germania: “Sappiamo tutti che il carbone non è redditizio, si ricava energia a costi fuori mercato. È conveniente solo se si devasta l’ambiente e si calpesta la salute della gente – ribadisce Keller – ed è quello che vogliono fare: profitti privati e riversando i costi sulla collettività”. A raccontare con grande passione la storia di morte e dolore che accompagna l’estrazione del carbone è stata Karmen Ramírez Boscán, colombiana leader popolazione indigena Wayoo, tra le più colpite dalla devastante industria estrattiva. Una miniera a cielo aperto che produce morte e scatena guerre tra poveri per il controllo del territorio. Presenze dal forte impatto simbolico, perché proprio il carbone colombiano dovrebbe alimentare la centrale calabrese di marca svizzera, facendo scattare immediatamente una solidarietà europea e addirittura transoceanica.
“A due passi da Saline, a Pentedattilo, le associazioni dell’Area Grecanica – dice Nuccio Barillà – hanno recuperato il suggestivo borgo antico, facendolo diventare un centro culturale nazionale con un festival cinematografico e mille iniziative di ogni tipo. Noi siamo “per”, siamo a favore di un modello che valorizzi il territorio e bocciamo il modello coloniale che vuole imporre progetti distruttivi come quello della centrale e del Ponte sullo Stretto”. D’altronde le dinamiche globali impongono una riflessione globale. La via è già tracciata: “L’alternativa energetica al carbone esiste già – spiega Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente – negli ultimi anni sono stati realizzati 300mila impianti fotovoltaici, per un totale di 11mila megawatt e installati parchi eolici per 8mila megawatt. Stiamo recuperando i ritardi storici accumulati nei confronti della Germania, paese leader al mondo per la produzione di fonti rinnovabili, che recentemente deciso di chiudere non solo le centrali nucleare, ma gradualmente anche tutte le altre centrali a fonti fossili, a partire dal carbone, per produrre il 100% di elettricità dalle rinnovabili entro il2050. È questo l’esempio che deve seguire il nostro Paese, e non quello della Cina che continua a costruire nuove centrali”.