ROMA – La Calabria, così come altre Regioni del paese, è sottoposta al regime commissariale nella sanità. Una misura resa necessaria dall’incapacità degli Enti di tenere in equilibrio i bilanci, con un conseguente accumulo del deficit contabile, divenuto nel tempo incontenibile, a fronte, tra l’altro, di una offerta sanitaria disastrosa, come in Calabria. Togliere il potere di interdizione e mediazione alla politica, spogliare il Consiglio regionale, le Commissioni e la Giunta regionale di ogni autorità -anche se forse eccessivamente punitivo- è sembrata una buona soluzione per eliminare ogni condizionamento e rendere il sistema efficiente sotto il profilo economico e della qualità.
Affidare ai Presidenti di Regione eletti, come è avvenuto in passato, la responsabilità unica e diretta della programmazione e gestione della sanità, sembrava una giusta soluzione. Attribuire al Presidente funzioni e poteri, lo svincolava formalmente e sostanzialmente da ogni condizionamento politico e istituzionale, consentendogli di rispondere del suo operato direttamente ai cittadini e alle istituzioni, privandolo al contempo di ogni alibi in caso di fallimento.
In epoca recente, si è deciso che era invece poco opportuno cumulare la carica di Commissario per la sanità e di Governatore, introducendo una separazione netta tra le due figure. Anche questa scelta ha una logica e, teoricamente, potrebbe funzionare. Di fatto, però, a ordinamento vigente, si può generare una situazione controversa. Da un lato, infatti, un Presidente è esposto di fronte alla cittadinanza per scelte del Commissario che magari non condivide, o finge di non condividere. Dall’altro, tuttavia, attraverso i direttori generali delle aziende sanitarie, nominati dalla Giunta, lo stesso Presidente ha il potere nascosto di contrastare, ritardare e condizionare a valle le decisioni del Commissario.
Da qui, il caos e la deresponsabilizzazione dei soggetti istituzionali che dovrebbero, invece, lavorare sinergicamente, condividendo le scelte per risollevare le sorti della sanità nelle cosiddette “Regioni canaglia”. A mio giudizio, è necessario ripensare il vigente assetto. Si vuole mantenere l’attuale separazione? Bene, allora il Governo deve assumersi tutte e per intero le responsabilità dell’amministrazione sanitaria, togliendo ogni funzione residua alle Regioni sottoposte al piano di rientro. La sanità in questi territori viene programmata, gestita, attuata tutta dallo Stato, in via esclusiva. Non si vuole o non si può fare questo? Allora bisogna coinvolgere le Regioni nelle scelte strategiche, in primis nella selezione del Commissario.
Ad inizio legislatura, il Presidente di Regione potrebbe presentare al Governo nazionale il suo piano strategico sostenibile per la sanità, insieme a una terna di nomi, che rispondano a precisi criteri e requisiti. E il Governo se condivide il piano, lo approva e contemporaneamente sceglie il Commissario tra i nominativi proposti. Il mantenimento dell’assetto ibrido attualmente in vigore rischia, invece, di provocare soltanto caos e contrapposizioni, in barba alle esigenze dei cittadini.