A pochi chilometri dalla marina di Siderno, vicinissimo al centro abitato di Siderno superiore e proprio sopra la contrada di Salvi rischia di degradare ed essere dimenticata una testimonianza di archeologia, storia, fatica umana ed emergenza ambientale davvero unica. Monte Ginarra ( mt. 452), così lo indica la cartina dell’IGM nel suo nome dialettale ‘ncinarra meglio evidenzia la natura del territorio che richiama alla cenere ed alla calce, è una lunga lama biancastra che si protende da monte Scifa, da cui deriva, quasi a voler fendere Salvi da Giglia, le due contrade sottostanti.
Di recente ignoti sulla sommità hanno prodotto tre scavi ed asportato materiale fittile di cui restano sul terreno numerosi cocci, la soprintendenza è stata allertata ed una parte di quel che era rimasto sul terreno è stato consegnato ormai da quasi un anno, aprile 2015. Dopo vari solleciti è intervenuto il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza per un’informativa che non ha avuto alcun seguito. Nessuno ha chiesto di essere guidato sul posto! E’ stata fornita anche una copiosa documentazione fotografica. Un’operatrice della soprintendenza che ha ricevuto il materiale ha stimato essere di epoca molto antica, forse età del ferro. Proprio a monte Scifa sono state rinvenute molte tracce di frequentazioni della prima età del ferro, è probabile che questa di Ginarra fosse coeva.
Ma forse non lo sapremo con certezza perché nessuno ha voluto accertarlo, ma ai tombaroli questo non importa possono continuare indisturbati. Dicevamo anche di storia e fatica umana, si perché a vedere la valle, sottostante la cima, come è stata terrazzata nei secoli scorsi si resta sorpresi per la perizia e la grazia con cui la semplice sistemazione del terreno da sgretolamento ha prodotto una figura che delinea una lisca di pesce. Al centro una strada selciata della larghezza di circa due metri delimitata da due muri possenti in pietra e da cui si dipartono seguendo l’andamento delle curve di livello altrettanti ponderosi muri a due sezioni molto larghe alla base, per sostenere la spinta del terreno, e un po’ più snelle nell’elevato. Nel complesso vista dall’alto , abbiamo le foto aeree realizzate col drone, è la lisca di una sogliola in formato gigante. La strada costituiva anche il confine tra la pertinenza di Siderno e quella di Agnana, dal cui lato dagli anni ‘50 del secolo scorso si è prodotta una lunga frana che rischia di inghiottire questa vera e propria opera d’arte. E’ già stata inghiottita una sorgente di acqua potabile detta di Rina.
Ma c’è ancora qualcosa di cui riferire, su un pianoro proteso sulla vallata esiste un manufatto che a detta di un esperto si tratta di una piccola ara sacrificale. E’ una pietra piatta di circa due metri per uno e mezzo su cui sono state scalpellate due nicchie una più grande dove probabilmente veniva adagiato il corpo dell’animale da sacrificare ed uno più piccolo dove alloggiava il capo e da cui si diparte una scanalatura che doveva far defluire il sangue sul terreno. Anche questa è stata fotografata e refertata alla soprintendenza ed anche su questa è calato il silenzio. Solo il comune di Siderno ha dimostrato interesse e vorrebbe avviare un progetto di recupero dell’intera area di concerto col comune di Agnana e costruirvi un percorso da trekking che lo attraversi e lo valorizzi. Il posto lo merita anche perché molto vicino ad un altro luogo magico anche questo in stato di quasi abbandono, si tratta di una proprietà privata, già appartenuta a tale Antonio Bello, che si meritò nel 1937 un lungo reportage sul Corriere della Sera quale esempio di azienda agricola da cui sgorgavano delizie di frutta e verdura in gran copia e di gran varietà. Come si vede bene un passato l’abbiamo avuto adesso se ne siamo capaci inventiamo il futuro.