Polistena – La lectio magistralis, organizzata dalla Libera Università degli Studi di Polistena in collaborazione con l’associazione culturale Girolamo Marafioti e la Pro-Loco, tenutasi presso la sala convegni dello storico palazzo Avati da parte del professor Diego Esposito, docente di Storia dell’Arte presso le Accademie delle Belle Arti di Napoli e Bologna, è stata certamente il miglior biglietto da visita per celebrare il 160° anniversario della nascita dello scultore polistenese Giuseppe Renda utile non solo ad illustrare l’amplissima produzione di un artista geniale quanto poliedrico ma anche necessaria a rinvigorire lo spirito che ancora aleggia pienamente in città, fedelmente riposto nelle sue opere che rispecchiano appieno la fama di questo gigante dell’arte materica vissuto, non solo artisticamente, a cavallo di due secoli. E se le radici affondano saldamente nella sua terra natìa, le fronde del suo straordinario estro sono ancora chiaramente rinvenibili nelle numerose opere sparse in Italia e nel mondo, tra musei e collezioni private arricchendone di bellezza e cultura sale e teche.
Così anche la città di Polistena potrà godere la plusvalenza dell’arte rendiana con l’arrivo, presso le sale dello storico palazzo Avati – dove peraltro è già presente e visitabile una bella gipsoteca oltre che la monumentale “Fortuna” – di due capolavori bronzei del maestro appositamente restaurati per essere acquisiti alla collezione privata della proprietà Laruffa. Si tratta dello “Scugnizzo” opera unica degli anni ’10 e del busto “Non mi toccare” datato anni ’20, opere entrambe caparbiamente cercate e volute non solo per consolidare il mecenatismo artistico incardinato sulla figura di Renda ma anche per estenderne la godibilità extramuseale all’intero comprensorio.
Il professor Esposito nella minuziosa relazione sulla vita e sulle opere di Giuseppe Renda ha così restituito un quadro completo circa le vicissitudini che hanno accompagnato il cammino artistico, professionale ed umano dello “scultore del sorriso” grazie ad una rassegna focalizzata sui tratti più significativi che hanno segnato le tappe della biografia del maestro polistenese. «Parlare di Renda per me è sempre molto difficile – ha spiegato Esposito – e nonostante lo studi da venti anni, mi provoca sempre grande emozione». Esposito, tra i massimi esperti di Giuseppe Renda, è stato lo studioso che ne ha riordinato l’archivio storico-personale dopo la morte, nel 1967, dell’unica figlia, Terra, ma anche colui il quale – grazie ad un’attenta e selezionata cura di numerose mostre dedicate a questo straordinario artista – ha concorso a rivalutarne sensibilmente la figura innalzando decisamente il tasso di interesse sulla sua produzione, al contempo contribuendo a decriptare il fascino misterioso del quel finissimo linguaggio estetico. «Renda è stato un artista – ha difatti aggiunto il docente – che ha prodotto fino alla fine. Prova ne è il fatto che fino alla sua morte, avvenuta nel ’39, stava lavorando a “Giovannina”». Il clou dell’evento si è concretizzato con la presentazione al pubblico delle due opere. E se l’onore di svelare lo “Scugnizzo” è toccato proprio al professor Esposito, il busto della “Non mi toccare” è stato rivelato dalla proprietà rappresentata dai fratelli Francesco e Cesare Laruffa.