PALMI – A distanza di qualche giorno dalla Sua nota, a mente fredda, quando i bollori dell’incomprensione, (rectius: dell’incomprensibilità), si sono placati, abbiamo convenuto di rispondere alla Sua comunicazione, dalla quale traspare un’aggressione oltremodo violenta e personale nei nostri confronti, perché inviata frettolosamente a tutti i colleghi, perché inviata agli organi di stampa con tanto di inconfutabile indicazione dei due messi alla gogna. Con la Sua, ha consentito di notiziare non solo i colleghi, ma tutti i cittadini, che leggono i quotidiani, che due “individuabili” professionisti, di cui uno già consigliere dell’Ordine di Palmi e l’altro attuale pubblico amministratore avrebbero, in forma anonima e non, testualmente “travalicato il limite del buon senso, offendendo non solo la verità dei fatti in sé ma anche l’intelligenza di ciascun Iscritto a questo ordine”. La nostra, per contro, era una critica all’operato del Consiglio dell’Ordine, critica dal carattere impersonale e sicuramente svolta nella consapevolezza che la libertà di pensiero e di parola, che tutti tuteliamo allorchè si tratta di altri, valga anche per il Consiglio dell’Ordine di Palmi. Non ha evitato, invece, con la Sua, di sottolineare che i due avvocati hanno, secondo il Suo verbo, usato un contegno infondato, strumentale e tendenzioso…. addirittura “chiosando a tinte fosche” un verbale del Consiglio Giudiziario. Chi è stato componente del Consiglio Giudiziario ben conosce “i compiti, le funzioni, il significato e l’efficacia degli atti“ ed anche i ruoli del rappresentante dell’avvocatura in seno all’organo istituzionale, ruoli che oggi, come Lei ben sa, sono completamenti diversi e ben più pregnanti e rilevanti rispetto al recente passato.
Egregio sig. Presidente, questa volta personalmente, Lei ha reso noto, a tutti, che due dei Suoi iscritti, i redattori del ricorso al Tar, hanno agito “mistificando le carte al fine di rimanere in vetrina”. Non è nostro costume mistificare le carte e l’esposizione la lasciamo volentieri ad altri. Evidentemente non si è reso conto, nella impazienza di redigere la Sua replica, che non si trattava di redigere una comparsa di risposta al fine di “smentire gli assunti attori”. Per dirla con le parole di un famoso politico: “Una smentita è una notizia data due volte“ Lei ha, semplicemente, sferrato, con la Sua condotta, un duro attacco ai due avvocati che hanno avuto il coraggio, mettendoci la faccia – cosa alquanto inusuale – di assumere la difesa di 56 colleghi, di due operatori giudiziari, dell’Anai e dell’Oua, per il sol fatto che questi hanno reputato giusto, assumendosene ogni paternità, di notiziare i ricorrenti sui reali fatti, consegnando agli stessi le produzioni dell’Avvocatura dello Stato, documentazioni che hanno pienamente giustificato il provvedimento Presidenziale impugnato. La Sua spiegazione, atteso che vi erano gli allegati, è stata ultronea nella parte in cui si rivolgeva ad altri operatori del diritto. Quei due avvocati, oggi Le scrivono, Antonio Muscherà e Giuseppe Bellocco, due avvocati la cui onestà intellettuale e professionale e la cui compostezza nel confrontarsi con gli altri, viene presa ad esempio da tutti i giovani colleghi. Due avvocati abituati a dire la verità anche quando fa male, che si confrontano quotidianamente con le più dure realtà, di converso ai tanti (senza alcun riferimento ma, si sa, esistono) che cercano di giustificare i propri fuorviati e fuorvianti comportamenti agendo in maniera certamente non confacente alla professione che esercitano.
Certo, Antonio Muscherà e Giuseppe Bellocco, che Lei non ha risparmiato di indicare, sono due avvocati appartenenti alla generazione intermedia, due avvocati che andavano nelle Preture mandamentali a “farsi le ossa” e, per Lei, (e solo per lei!) sono ancora troppo giovani ed inesperti per poter dire la loro. Dall’alto della Sua esperienza, occupando il posto apicale dell’Ordine forense palmese, cosa fa? Invece di chiamarli a se, invece di far capire loro dove avrebbero sbagliato (se hanno veramente sbagliato), Li addita al pubblico ludibrio, li apostrofa pubblicamente come due portatori insani di “reconditi fini“, quasi avesse letto, nella scelta operata dagli untori, la volontà di detronizzare qualcuno. Tutto questo non rientra nel nostro Dna! Il Suo, e solo il Suo, è puro vaniloquio! Demagogia allo stato puro! Quando piove il fuoco c’è molta gente che scappa e pochi tengono duro, quando Lei dice che la nostra sconfitta è orfana, disvela quello che tutti sapevano e che tutti sappiamo, e cioè che per Lei non è stata una sconfitta al di là delle Sue partecipazioni ai convegni, ed alle posizioni verbali assunte. Il re è nudo, ma purtroppo, noi siamo troppo anzianotti per poterlo urlare.
Se parliamo invece del fuoco in caduta, certo vorrà riconoscere che noi lo abbiamo affrontato con onestà e coraggio (ritenendo che queste siano le uniche qualità di cui un avvocato dovrebbe andar fiero), Lei può dire altrettanto, dopo aver deciso di darci in pasto a chicchessia ? Sig. Presidente, noi non apparteniamo ad alcuna casta e non abbiamo alcun interesse personale da proteggere né aspiriamo a vetrine in cui esibirci (non siamo olandesi!), non abbiamo poltrone da conservare, non riteniamo di vantare alcun diritto ereditario, siamo solo dalla parte dei cittadini che siano braccianti o contadini, che siano casalinghe o disperati, difensori (spesso gratuitamente!) dei ceti più deboli e delle realtà meno abbienti, non siamo gli avvocati di ricchi professionisti o di facoltosi managers o, meglio ancora, delle banche e delle assicurazioni (anche se ci piacerebbe esserlo e non lo neghiamo). Abbiamo raccolto lamentele che giungevano da tutte le parti ed abbiamo tentato, confrontandoci, con tutti coloro i quali hanno manifestato la loro disponibilità, di non lasciare da solo il Tribunale di Cinquefrondi. Forse non eravamo noi a doverlo fare, ma non ci sono stati altri partecipanti: una lista un po’ blindata come quella che spesso viene fornita al momento delle elezioni dell’Ordine.
Tutti noi sapevamo ed eravamo consapevoli (siamo tutti operatori del diritto, chi più chi meno bravo) che quella strada non avrebbe portato alla risoluzione del problema reale, ma era una strada che dovevamo imboccare, un passaggio obbligato, diretto soprattutto a smuovere le coscienze e per proporre, come abbiamo fatto, la questione di legittimità costituzionale. La stessa strada che Lei definisce inconcludente….. lo sapevamo Signor Presidente, eravamo tutti coscienti, ma non potevamo esimerci, la nostra posizione sociale ce lo ha imposto. Siamo stati coerenti. L’ipocrisia, sappia Sig. Presidente non ci appartiene. Ci permetta di contestare, con tutta l’energia che la nostra onestà ci inculca, e Le assicuriamo è tanta, il Suo biasimevole asserito allorquando, nella comunicazione inviataci, dichiara “…escluso di fatto l’ordine di partecipare alla stesura, in stretta prossimità del termine di scadenza di presentazione perveniva dal Comitato la richiesta di sottoscrizione di un atto sconosciuto che si diceva già formato, senza neppure avvertire l’esigenza di allegare una copia in visione”. Non è vero! E questo lei lo sa bene (sono Antonio Muscherà) io stesso telefonicamente almeno un mese prima della scadenza dei termini l’ho pregata di sottoscrivere il ricorso, quel ricorso che aveva già sortito effetti positivi in altre realtà italiane.
Presidente, si ricorda quando, in tempi non sospetti, alla presenza di più persone, senza alcun motivo, per il sol fatto di averLe umilmente chiesto se fosse Sua intenzione e dell’organo istituzionale da Lei rappresentato, sottoscrivere il ricorso al Tar, questo succedeva dopo i nostri colloqui telefonici, molto prima dell’invito rivoltoLe dal comitato, mi ha risposto, senza motivo, come se stesse trattando con un untore, testualmente: ”….con te non parlo più, anzi si, parlerò nelle sedi dovute, anzi nemmeno in quelle….non rivolgermi più la parola”. Per noi, avere dissomiglianza di idee con altre persone, rientra nella normalità delle cose, per noi “litigare” con un collega non significa classificarlo tra i nemici più acerrimi da abbattere, per noi alla base di tutto c’è il dialogo, il confronto, che nulla hanno a che a vedere con rapporti personali, per noi inscalfibili. Perché si sente “toccato” dalle nostre dichiarazioni? Presidente, abbiamo, assieme a molti altri, esercitato un nostro diritto difendendo una intera classe e abbiamo agito in ossequio al sacrosanto diritto di manifestazione del pensiero e delle libertà fondamentali dell’individuo. Siamo meritevoli di biasimo per tutto ciò? Abbiamo sbagliato a dire che il Consiglio dell’Ordine non ci ha dato sostegno in questa battaglia? Beh sappia che continuiamo a pensarlo e forse non siamo gli unici. Noi siamo certi che i “due” sono gli unici attori di classe in questa storia, la cui anima e la cui dignità non sono negoziabili e, pertanto, degni della stima dell’intera categoria forense palmese. La nostra buona fede è lampante. Perché non ci ha compresi Sig. Presidente? Anche questo sarebbe rientrato nei Suoi doversi istituzionali. A questo punto non ritiene, Sig. Presidente, che motivi di opportunità impongano, da parte Sua, la scelta, dai più condivisa, di dimettersi dal ruolo di rappresentante dell’avvocatura palmese?
4 commenti
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Avvocato
12 luglio 2013 a 20:03 (UTC 2) Link a questo commento
ben detto, ben fatto, siamo in tanti con voi colleghi Muscherà e Bellocco.
Bino
14 luglio 2013 a 20:03 (UTC 2) Link a questo commento
finalmente qualcuno che non ha paura del potere costituito, bravi!
Anche io sono con voi !!
vincenzo
20 luglio 2013 a 20:03 (UTC 2) Link a questo commento
il re è nudo bravi, bravi, bravi
Angelo
23 luglio 2013 a 20:03 (UTC 2) Link a questo commento
Ho saputo in ritardo della vicenda, ma condivido tutto, anche se non occorreva attendere la trattazione della questione della chiusura del Tribunale di Cinquefrondi per capire certe cose.