SI INTITOLA La spremuta. Rosarno, migranti, ndrangheta. Come se fosse la ricetta di un drink. E’ invece un’opera teatrale di Beppe Casales, già arrivata alle 50 repliche in Italia, che racconta i giorni della rabbia del 2010. Così.
Il 7 gennaio 2010 i migranti che lavorano a Rosarno si ribellano. Gli africani dopo anni di violenze e sfruttamento reagiscono, fanno ciò che gli italiani non fanno da anni: alzano la testa. In due giorni si consuma tutto: scontri con la polizia, la caccia al nero, e infine lo sgombero. I media nazionali sottolineano che la mafia non c’entra. Ma dire che la mafia non c’entra in Calabria è una bugia. La mafia c’entra eccome, non solo in Calabria. Nei fatti di Rosarno si concentrano tre nodi fondamentali che stringono al collo l’Italia, e che prima o poi bisognerà avere il coraggio di sciogliere: – il rapporto coi migranti; – la mafia; – il concetto di lavoro. L’Italia è spremuta da mani violente, da molte mani. Il coraggio di chi non vuole più girare la testa, di chi pensa che vivere esiga più dignità deve essere imitato, non temuto.
La piece di Casales, sostenuta da Libera e da Rete Radici/Rosarno, è disponibile per delle serate, ad un costo irrisorio. Per chi fosse interessato, i dettagli e i contatti sono su questa pagina del Teatro Civile Network.
Il Teatro d’impegno civile in Italia E’ civile tutto quello che riguarda l’uomo come partecipe di una società organizzata, e noi occidentali quando parliamo di Teatro affondiamo le radici nella cultura greca, in quelle Polis che prevedevano la partecipazione dei cittadini al governo della città e avevano un teatro al centro della vita quotidiana. E’ stato Marco Paolini quindici anni fa, mentre preparava il suo “Racconto del Vajont” a dar nuova linfa alla definizione di Teatro Civile, un teatro anfibio che nasce e respira fuori dall’edificio teatrale perchè ha l’esigenza di superare i modi produttivi e distributivi del sistema teatrale, senza certo rinnegarlo ma integrandolo ad altre possibilita’ e modalità di comunicazione.