• Un’altra donna rompe il muro di omertà nella Piana di Gioia Tauro
    22/06/2015 | www.ildispaccio.it

    Dopo Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Multari, un’altra donna infrange il muro di omertà che soffoca Rosarno e i territori della Piana di Gioia Tauro, inghiottiti dallo strapotere delle cosche di ‘ndrangheta. Si chiama Annina Lo Bianco, 34enne ma già madre di tre figli. Legata sentimentalmente a Gregorio Malvaso, considerato uomo forte della ‘ndrangheta di San Ferdinando. Da alcuni mesi, la Lo Bianco avrebbe iniziato a collaborare con il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Giulia Pantano. A raccontare la storia di Annina Lo Bianco è stato, negli ultimi giorni, il quotidiano “Il Garantista”. Una scelta devastante, quella della Lo Bianco, perché matura in un contesto di ‘ndrangheta. Ancora una volta da parte di una donna: “Mi trovo qui per i miei figli, non voglio che crescano secondo ideali e valori sbagliati come quelli che sono stati finora impartiti loro dal padre. Ero a conoscenza del fatto che mio figlio maneggiasse armi, ma non potevo impormi con il mio compagno perché glielo impedisse, perché non so che fine avrei fatto. Il mio compagno è un tipo pericoloso per sé e per gli altri”. Il compagno della donna, Gregorio Malvaso, è finito in manette nell’operazione “Eclissi”, eseguita dalla Dda reggina contro i clan Bellocco, Cimato, Pesce e Pantano. E dal racconto della donna emerge, ancora una volta, uno spaccato inquietante sulle angherie subite dalle donne in quei territori. I suoi guai iniziano nel 2004 quando fu arrestata per possesso di armi e droga: “Sono stata condannata e finita ai domiciliari perché ero incinta, nonostante questo ho deciso di attribuirmi la responsabilità del fatto per amore di mio marito, armi e droga erano sue in realtà. A casa fu rinvenuta una pistola, erba e droga in polvere. Al momento della perquisizione, pensai di prelevare le cose illecite che custodivamo in casa per disfarmene e mi misi addosso munizioni e droga nel reggiseno”. Fatti, violenze e soprusi ricorrenti nei racconti delle donne di ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro. Frasi simili a quelle già messe nero su bianco da Giusy Pesce, Cetta Cacciola e Giusy Multari: “Mi ha alzato le mani solo due volte – dice Lo Bianco alla Dda – una solo perché io gli facevo fare ciò che voleva. Accettavo tutto in silezio. Nelle due circostanze gli rinfacciavo eccessiva confidenza che aveva con Viki e Milena, insinuando che potesse avere una relazione extraconiugale, di cui ho avuto certezza con l’operazione Eclissi. Una volta mi ha messo le mani addosso a mò di soffocamento e un’altra volta lo stesso gesto è stato compiuto sulle scale di casa davanti a sua mamma e ai miei figli minori. (…) Io non avevo diritti sui miei figli. Mi metteva contro i bambini dicendomi che ero pazzo solo perché non volevo che i bimbi frequentassero le persone adulte e delinquenti che frequentava lui. Ho chiesto un colloquio con il magistrato perché non vogliono che i miei figli crescano da ‘ndranghetisti, spacciatori o sappiano utilizzare le armi”.

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