ROMA – La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della Giustizia – Per sapere – premesso che: – l’ anno 2010 ha visto la Magistratura di Reggio Calabria diventare oggetto di gravi e preoccupanti atti intimidatori, che ancora oggi risultano privi di chiarezza, considerato che non si conoscono con ragionevole esattezza ne le responsabilità ne le reali motivazioni che hanno portato a tali gesti criminali; – va dato atto che la Magistratura reggina ha lavorato encomiabilmente ed ottenuto eccellenti risultati nel contrasto alla ‘ndrangheta con la cattura di numerosi e pericolosi latitanti, con l’aggressione ai patrimoni illeciti e con la lotta al narcotraffico; rimangono, invece, ad oggi sospese numerose risultanze investigative sulla c.d. “zona grigia”, che dovrebbero colpire giudiziariamente le collusioni con le varie cosche mafiose esistenti sul territorio; – numerosi sono, altresì, i misteri che nella città di Reggio Calabria rimangono, ad oggi, privi di verità e giustizia: dalla provenienza dei 600 grammi di tritolo sistemati, nel 2004, in un bagno del piano terreno dell’edificio comunale della città, al suicidio, nel 2010, di Orsola Fallara, locale dirigente comunale; dal ruolo dei Servizi, ai mandanti reali degli attentati ai Magistrati; – l’ interpellante, pur consapevole che possono essere in atto reazioni da parte degli uomini delle cosche mafiose colpite dalla Magistratura Reggina, non può sottrarsi dal denunziare al ministro della giustizia il pesante stato di confusione (evidenziato dallo stesso procuratore Giuseppe Pignatone) nonché le nebulose immagini che sono calate su buona parte della giustizia di quella provincia; – l’ interpellante ritiene che molto dello stato confusionale registrabile nel settore della giustizia Reggina potrebbe essere addebitato alla gestione, in alcuni casi leggibile come “manovrata”, dei c.d. pentiti; – infatti, fin dall’ ottobre 2010 l’ interpellante, con un comunicato stampa, aveva evidenziato l’ apparizione di diversi collaboratori di giustizia, ritenuta “anomala” vuoi per la struttura familistica della ‘ndrangheta, vuoi per l’immediatezza con la quale abbiamo visto convogliare nello status di collaboratore, noti mafiosi a sola una settimana di distanza dal loro arresto, così come avvenuto per il boss Nino Lo Giudice; – d’ altra parte nello scorso mese di agosto notizie di stampa hanno riferito che, a seguito dell’ esposto di un soggetto detenuto per reati di mafia, sarebbe stata aperta, presso la Procura di Santa Maria Capua Vetere, un’inchiesta nei confronti del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, il capo della Squadra Mobile e il capo del Ros; – l’ esposto di cui sopra prodotto dal soggetto detenuto sarebbe conseguente a dichiarazioni di accusa rese da Antonino Lo Giudice, boss c.d. pentito, con le quali era stato chiamato in causa il capitano dei Carabinieri, Saverio Spadaro Tracuzzi; – tra l’altro il c.d. pentito Nino Lo Giudice, nel corso dei suoi interrogatori, aveva tirato in ballo anche alcuni magistrati reggini, tra i quali, Alberto Cisterna, procuratore aggiunto della Direzione Nazionale Antimafia;
- il 7 agosto 2011, sul sito “Guardie o ladri”, curato da Roberto Galullo, giornalista de Il Sole24Ore, un altro c.d. pentito, Antonio Di Dieco, recluso a Sulmona, nel contesto delle risposte ad alcune domande postegli attraverso il suo avvocato, nel confermare quanto denunziato in precedenza circa un complotto messo in atto da Nino Lo Giudice contro alcuni pm antimafia, tra i quali Alberto Cisterna, ha aggiunto: “Quello che e’ venuto fuori e’ solo la punta di un iceberg e che presto colpira’ ingiustamente tante persone che per decenni hanno svolto il loro dovere, in onesta’ e legalità !!!” ed ha aggiunto: “……il complotto e’ solo all’inizio, …..”; – anche il capitano Saverio Spadaro Tracuzzi il 9 luglio 2011 in un esposto scritto di proprio pugno nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove si trova rinchiuso dal 19 dicembre 2010, tra l’ altro scrive di “gioco sporco”; – agli inizi del corrente mese di settembre, il sostituto procuratore della DNA, Alberto Cisterna, insieme al procuratore della Corte d’Appello di Ancona, Vincenzo Macri, ha querelato il procuratore aggiunto della DDA di Reggio Calabria, Michele Pristipino, con l’accusa della diffamazione; – nei giorni scorsi la Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha confermato a Reggio Calabria la competenza territoriale per il “caso Cisterna”, ma ha, altresi’, trattenuto “Copia degli atti e l’ originale della memoria (di Cisterna, ndr)…. per gli accertamenti disciplinari”; – i fatti sopra esposti hanno finito col ripristinare a Reggio Calabria un clima pesante e torbido: si mormora, si rilasciano dichiarazioni ed interviste, si leggono e si ascoltano notizie varie, con l’unico risultato che un cumulo di fango si e’ abbattuto sul settore della giustizia ed, in particolare, su quello reggino e nazionale che combatte la criminalita’ organizzata; – all’ interpellante appare ingiustificabile la mancanza di attenzione che il ministro della giustizia avrebbe dovuto già aver posto, considerato che la gestione dei collaboratori di giustizia ha portato al coinvolgimento di due magistrati di non poco conto, il Procuratore della DDA di Reggio Calabria e il numero due della DNA: – ferme restando le competenze del caso da parte del CSM, quali i motivi che hanno portato il ministro della giustizia, a differenza di altre situazioni, a non avviare da subito una indagine conoscitiva sulla situazione creatasi nel settore della giustizia che vede coinvolti magistrati reggini e che ha riportato nella città di Reggio Calabria una nuova stagione di veleni; – quali le iniziative che intende avviare al fine di far emergere ciò che si nasconde sotto la coltre di fango che ha ricoperto parte della magistratura antimafia in questione.
on. Angela Napoli